La carta energetica continua ad essere quella più usata dalla Russia per mantenere il suo status di potenza globale. I due progetti South Stream e Nord Stream rimangono i cavalli di battaglia per le materie prime tradizionali, mentre il nuovo piano nucleare per l’export sta prendendo forma con inatteso dinamismo.
Dal vertice di villa Gernetto si è avuta la riconferma della solidità della partnership russo-italiana in campo energetico. Mosca ha scelto da anni l’Eni come interlocutore privilegiato per il South Stream ed ha affidato con una commessa da oltre 2 miliardi di euro alla Saipem la costruzione un segmento complesso del Nord stream, a conduzione tedesca. La passata esperienza positiva con il Blue Stream – oleodotto sottomarino fino alla Turchia, con un tratto di 385 chilometri sottomarini, consegnato nel 2005 – ha favorito la decisione russa.
Berlusconi e Putin hanno voluto cancellare le troppe voci che sono circolate recentemente su incomprensioni tra l’Eni e la Gazprom per il South Stream. Alla base di tutto l’entrata ufficiale dal giugno 2010 nel consorzio dei francesi di EDF – a cui andrà il 20% dell’azionariato – e i costi astronomici per la realizzazione dell’opera.
Vladimir Putin ha offerto energia nucleare russa ad uso civile all’Italia. La proposta è quasi la stessa fatta ad altri partner in giro per il mondo negli ultimi 3 anni. Ossia vi costruiamo la centrale e ci riportiamo via le scorie, tanto da far contenti gli ecologisti locali.
La Russia ha approvato un mega-piano sia per il mercato interno che per l’estero. Intende raddoppiare la produzione di energia nucleare entro il 2030, fino al 25% del fabbisogno interno. I reattori di nuova generazione, affermano gli specialisti, sono notevolmente più efficienti, grazie all’evoluzione iniziata a metà anni Novanta. E poi l’uranio, la Russia ce l’ha in casa.
Come partner tecnologico è stata scelta nel 2009 la tedesca Siemens. Adesso Putin intende spalancare all’Enel le porte per la costruzione della strategica centrale di Kaliningrad. L’Unione europea ha costretto la Lituania a chiudere la centrale di Ignalina, troppo simile a quella di Cernobyl, lasciando in pratica il Baltico alla mercè degli umori russi.
In pochi anni Mosca, che ha oggi 31 reattori, ne disporrà di 59. Sta costruendo o si accinge a costruire centrali in Iran, Cina, India, Bulgaria, Bielorussia e Turchia. La scorsa settimana Medvedev ha offerto tecnologia nucleare russa persino alla lontana Argentina dopo non aver avuto risposte convincenti dal Venezuela.
L’obiettivo del Cremlino è quello di diventare uno dei maggiori produttori di energia nucleare e di guadagnare sulla vendita della sua tecnologia. La terribile tragedia di Cernobyl intralcia indirettamente questi disegni.
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