Polonia. L’economia va. Investimenti stranieri e Fondi Ue. Una chance imperdibile per l’ammodernamento.

30 May 2010

 Nel mare increspato continentale è la sorprendente Polonia ad apparire come un’isola di stabilità. La sua economia ha affrontato la crisi nettamente meglio di quanto hanno fatto quelle della cosiddetta “nuova Europa”.

 Se si segue il flusso di capitali dall’estero in entrata si capisce il perché. Solo nel primo trimestre 2010 il numero di investimenti diretti stranieri è stato di 132 con un aumento sull’analogo periodo del 2009 del 70%. Varsavia è anche la principale beneficiaria dei fondi Ue (tra cui fondi di coesione, fondi per l’agricoltura e fondi per la pesca). Tra il 2007 ed il 2013 ha ricevuto o otterrà ben 81,2 miliardi di euro, una somma pari all’incirca al 3,3% del Pil annuale.

 Le ragioni di un tale imponente sforzo continentale hanno anche ragioni storiche e geopolitiche non solo economiche. Alla fine della Seconda guerra mondiale il Paese slavo fu abbandonato al suo destino dagli occidentali. Si è voluto ora, in qualche modo, saldare un debito morale e premiare i meriti conquistati nella caduta della Cortina di ferro. Una Polonia forte e ricca è una garanzia per l’area centro-orientale e la completa saturazione di antiche ferite coi vicini.

 A parte queste considerazioni, fare business a Varsavia è conveniente. Le classifiche specifiche e i dati sono chiari: il tasso di corruzione è basso, quello del rischio è più che rassicurante, quello della libertà economica nella media. Le esenzioni fiscali, definite di concerto con Bruxelles, richiamano dall’estero investitori, che, però, devono impegnarsi per assumere personale locale e mantenere i posti di lavoro per almeno 5 anni. Automative, biotecnologie, agricoltura ed infrastrutture sono alcuni dei comparti più in crescita.

 Varsavia ha oggi, quindi, l’occasione di ammodernare definitivamente il Paese, uscito prostrato dal periodo comunista, e sta sfruttando al meglio l’occasione. I campionati europei di calcio del 2012 metteranno in vetrina i risultati di questo intenso lavoro e potrebbero essere un ulteriore volano per l’economia nazionale se il comparto turistico inizierà a tirare come molti operatori sperano. Gli aeroporti ed i complessi alberghieri sono stati rimessi in ordine o costruiti, mentre il tallone d’Achille restano le strade.

 I fondamentali polacchi sono soddisfacenti. Se nel 2007 il Pil è cresciuto del 6,8% per poi crollare nel 2009 a +1,7, nel 2010 l’aumento è previsto nell’ordine del 2,5-2,8%. Durante la crisi finanziaria del 2008 lo zloty è stato svalutato – salvo poi recuperare posizioni -, mentre le banche nazionali avevano pochi asset tossici.

 L’ultima preoccupazione in ordine di tempo è il troppo rapido deprezzamento dell’euro a cui Varsavia ha collegato lo zloty. Aderire alla moneta unica era ormai un obiettivo prossimo tacitamente fissato per il 2012-2013, ossia al termine dell’operazione di rilancio del Paese pianificata nel 2000-2004. L’opinione pubblica ha finora assistito a polemici scontri tra specialisti e politici, con i conservatori fortemente contrari alla cessione di parte della sovranità nazionale a Francoforte. Ma aderire alla valuta continentale significa entrare con tutti e due i piedi nell’Europa del XXI secolo.

 Avere i conti in ordine ed un’economia moderna pronta a competere nel mondo globalizzato sono requisiti essenziali, anche per contare nell’Unione europea. L’importante è essere pronti alla realtà post-2013, quando la pioggia di fondi Ue terminerà. Se nel frattempo si è costruito bene non ci saranno timori per il futuro, altrimenti torneranno i vecchi mal di pancia passati.

Giuseppe D’Amato

 

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