E’ un Paese estremamente frammentato quello che esce dalle legislative di domenica, 10 ottobre. 5 partiti su 29 hanno superato la barriera del 5% per poter aver accesso al Parlamento e si divideranno proporzionalmente i 120 seggi a disposizione, non potendo superare, però, la soglia dei 65 rappresentanti. In testa Ata-Zhurt, popolare soprattutto tra i kirghisi del sud, con circa l’8,7% delle preferenze. Seguono i social-democratici con l’8% e Ar-Namys dell’ex premier Kulov col 7,5%. Quindi Respublica e Ata Meken con grosso modo il 6% dei voti. Due terzi delle preferenze sono andate a formazioni che non sono nemmeno entrate in Parlamento.
Il tasso di affluenza alle urne è stato assai alto, attestandosi intorno al 57%. Ad Osh, epicentro degli scontri interetnici nel giugno scorso tra kirghizi ed uzbechi, ben il 66% degli aventi diritto è andato a votare.
Quale coalizione verrà adesso formata per poi scegliere un primo ministro ed un Esecutivo è ancora presto da sapere. Il Paese asiatico ha deciso, in precedenza con un referendum, di darsi un assetto parlamentare dopo che due suoi presidenti, Akaiev e Bakiev, sono stati estromessi dal potere dalla popolazione inferocita nel 2005 e nel 2010.
Soprattutto la Russia ha espresso dubbi su questo esperimento istituzionale, unico nell’area ex sovietica. L’Occidente guarda incuriosito, ma preoccupato per l’estrema vicinanza all’Afghanistan.
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