Da anni non si assisteva ad un incontro con così tanti ministri russi e commissari europei. Ma a Bruxelles José Manuel Barroso e Vladimir Putin avevano un’agenda ricca di punti da discutere, molti dei quali assai complessi.
A parte la questione dell’adesione di Mosca al Wto e quella della cancellazione bilaterale dei visti il nodo del cosiddetto Terzo pacchetto energetico l’ha fatta da padrone. Mosca è preoccupata per la sua entrata in vigore quest’anno. La clausola principale è che in Europa i proprietari delle materie prime non potranno più detenere le reti di trasporto.
“Questo documento – ha detto Putin – contraddice i precedenti accordi bilaterali in materia energetica. Il prezzo del gas crescerà dell’8-10%”. Di diversa opinione gli europei. “Non è un documento discriminatorio contro la Russia – ha chiarito Barroso -. Servirà per demonopolizzare il mercato energetico”.
Il ministro dell’Energia Serghej Shmatko è apparso più conciliante nei toni del suo premier. Il primo scoglio da superare è la questione della pipeline, detenuta da Gazprom in Lituania, che dovrebbe essere messa in vendita dai russi. Mosca vorrebbe ottenere poi anche un’esenzione sulla proprietà del gasdotto Nord Stream.
Un qualsiasi accordo in materia è ancora lontano, ma sia Bruxelles che Mosca non hanno interesse a forzare la mano. Con la precaria situazione in nord Africa il petrolio ed il gas russi diventano sempre più importanti per l’approvvigionamento continentale, mentre i petro-rubli sono cruciali in questo momento in cui l’ex superpotenza entra nella lunga campagna elettorale per il rinnovo della Duma in dicembre e per le elezioni presidenziali in marzo.
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