Aleksej Kudrin sbatte la porta e se ne va. Le clamorose dimissioni del ministro delle Finanze sono la prima conseguenza della scelta di Vladimir Putin di tornare al Cremlino dopo le presidenziali di marzo, lasciando la carica di primo ministro all’attuale leader russo, Dmitrij Medvedev.
Sabato notte da Washington, dopo una riunione dell’FMI, Kudrin aveva dichiarato che, per la prima volta dopo un decennio, non avrebbe fatto parte di un Esecutivo federale. E’ risaputo che Medvedev ed il “Tremonti” russo hanno punti di vista diametralmente opposti sulla gestione del budget federale. In primo luogo sulle spese militari. Kudrin, assai apprezzato negli ambienti internazionali, è stato una specie di signor “niet” che ha stretto i cordoni della borsa prevedendo l’attuale crisi, che mette in serio pericolo la crescita economica della Russia.
L’eccessiva dipendenza delle entrate dalla vendita delle materie prime sul mercato mondiale provoca enormi preoccupazioni. L’aumento del deficit, prodotto da spese interne non preventivate e da misure “popolari” nell’anno delle elezioni, dà da pensare. Recentemente Kudrin ha comunicato che se in precedenza il pareggio di bilancio era calcolato con un prezzo medio del petrolio a 90 dollari il barile, nel 2011 è sui 109 e nel 2012 intorno ai 112. Per fortuna sua la Russia ha oltre 550 miliardi di dollari in riserve.
Kudrin, pertanto, stanco delle pressioni delle troppe “lobbies” che ruotano intorno al potere politico moscovita, ha preferito uscire di scena non potendo più contare su una certa indipendenza garantitagli dall’ala protettrice di Putin. Dalla sede dell’FMI, ha avvertito tutti: “il prossimo sarà un decennio perso” per la crisi finanziaria internazionale e i suoi effetti sulle economie mondiali.
Cinquantunenne, pietroburghese, con una lunga esperienza affianco di Anatolij Sobciak (il “mentore” di Putin) il liberale Kudrin ha amministrato i petrodollari, che hanno finanziato il boom economico di inizio secolo, ed ha mantenuto brillantemente in ordine il bilancio dello Stato durante la crisi successiva al 2008. Lascia in Russia un vuoto difficilmente colmabile. Secondo alcuni analisti pesanti possono essere le ripercussioni finanziarie per sue dimissioni.
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