In Russia non è ancora “primavera”.

14 Mar 2012

  La “primavera” russa perde smalto e diversamente non potrebbe essere. Sabato scorso sull’Arbat sono scesi a protestare non più di 20-25mila moscoviti, molto meno rispetto alle oltre centomila persone delle precedenti manifestazioni “per elezioni pulite” del dicembre e del febbraio scorsi. Le presidenziali del 4 marzo sono ormai alle spalle e la delusione sta prendendo il sopravvento in un movimento composito che rischia di frazionarsi tra le sue molteplici anime. 
 La “battaglia di Russia”, come l’ha definita Vladimir Putin, non è però conclusa, come si potrebbe superficialmente credere, ma è entrata in una fase più tecnica e meno spettacolare. Presto, infatti, verso l’inizio dell’estate il governo sarà costretto ad imporre misure economiche impopolari: i prezzi sono in pratica congelati da un anno per le elezioni, con un deficit di bilancio diventato un segreto di Stato. Allora, sì, che la partita ricomincerà molto più seriamente che queste legislative e presidenziali, diciamolo pure, addomesticate.
  La variabile imprevedibile in questa situazione è rappresentata dal dio “petrolio”. Il suo prezzo alle stelle è l’unico elemento in grado di aiutare il “leader nazionale” ad ottemperare alle troppe promesse elettorali. Altrimenti, saranno dolori di pancia. Il modello Putin – ossia “proventi dalla vendita delle materie prime impiegati per lo sviluppo” – non funziona più. Servono risorse interne. Ai russi, soprattutto a quelli benestanti, bisognerà spiegare che pagare le tasse è necessario per offrire servizi ai meno abbienti. Altro che 13% sui guadagni, come ora.
  In sintesi, l’autunno si annuncia caldissimo. I prossimi lunghi mesi serviranno alle opposizioni per organizzarsi meglio e creare quelle strutture politiche che adesso mancano del tutto. 
  A Mosca la domanda imperante in queste ore è come continuare, nel frattempo, la lotta contro Putin e i suoi alleati. La prima risposta è che certamente molta dell’attuale energia verrà spesa nella crociata contro la corruzione e la superbia della nomenklatura. Il mezzo per mantenere unita la protesta sarà Internet con i suoi social forum. In Parlamento sono già in corso, da settimane, consultazioni tra alcuni dei leader delle composite opposizioni, restate fuori dalla Duma alle legislative di dicembre per i soliti “giochetti”, e la squadra di Putin.
  Questo elemento deve far riflettere, e non poco, gli osservatori indipendenti. Ma come è giustificabile una tale trattativa quando si sono appena tenute elezioni generali? Che investitura popolare hanno gli uni e gli altri rappresentanti dei due schieramenti? L’unica cosa positiva è che si è scelta la strada del dialogo e non quella della piazza per risolvere i problemi e concordare una seria riforma politica.
  In conclusione, come nelle attese Vladimir Putin ha vinto il primo scontro, ma la battaglia non è affatto finita e lui ne è ben coscio. La “luna di miele” col Paese, durata ben 12 anni, è definitivamente finita. Ora il “leader nazionale” ha contro una larga fetta della società russa con cui giochi e giochetti non serviranno ad alcunché. Questa è l’ora dei fatti e delle riforme.

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