Non ci sono state sorprese. La Commissione elettorale ha comunicato che a spoglio quasi ultimato il presidente uscente Emomali Rakhmon ha ottenuto l’83% delle preferenze, mentre gli altri 5 candidati non hanno superato il 5%. Come da tradizione l’affluenza alle urne è stata altissima e si è attestata oltre l’86% degli aventi diritto.
Al potere dal ’92, Rakhmon ottiene così un nuovo mandato di 7 anni. Mai, nella sua storia post sovietica, in Tagikistan si è tenuto un ballottaggio. 500 circa sono stati gli osservatori internazionali presenti che hanno giudicato non positivamente le elezioni per “mancanza di una vera scelta”.
L’unica candidata con qualche possibilità non è stata ammessa alle consultazioni.
Paese montagnoso ai confini con l’Afghanistan, il Tagikistan è un passaggio obbligato per la droga verso i mercati ex sovietici. Le infiltrazioni estremistiche da sud sono state numerose in passato (un centinaio di tagichi combattono oggi in Siria con l’opposizione) ed il potere tiene sotto controllo i radicali.
L’economia locale si sorregge sulle copiose rimesse degli emigranti andati a cercar fortuna all’estero, principalmente in Russia, che mantiene sul confine afghano un’importante base militare.
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