La Russia come bastione del conservatorismo mondiale, a difesa della morale messa in crisi dalla “tolleranza, asessuata e sterile dell’Occidente”, in cui “il bene ed il male vengono confusi”.
Questa la nuova missione dell’ex superpotenza secondo Vladimir Putin. Dopo aver fermato Gengis Khan, Napoleone ed Hitler adesso è venuto il momento di salvare l’umanità da quest’ultima deriva.
Il capo del Cremlino ce l’ha sia con i cambiamenti nelle società sia con i nuovi equilibri globali, che vedono una Russia sempre meno protagonista e più isolata.
Il primo aspetto è quello riguardante i valori tradizionali. A poche settimane dalla tanto attesa (dal potere moscovita) “vetrina” delle Olimpiadi invernali di Sochi, Putin il “macho” non ha digerito la campagna-stampa occidentale che ha evidenziato l’intolleranza dilagante contro le minoranze sessuali, gli stranieri, i “diversi”.
Sono soprattutto i mass media federali a fomentare, irresponsabilmente, sentimenti, che, in un Paese multi-etnico e multi-confessionale, rischiano di dar fuoco alla “Santa Barbara” della già complessa convivenza pacifica tra genti così differenti.
Le ragioni della propaganda dell’insofferenza sono semplici. La crisi economica avanza rapidamente e non si sa quali conseguenze avrà sul Paese. Senza un nemico geopolitico, più o meno chiaro, e con un collante – un tempo sovietico – che tende a perdere forza, il potere si prepara a combattere una lunga battaglia dagli esiti incerti.
Il russo medio è sicuramente conservatore, ma certamente non bigotto. Indurlo a pensare che i gay di casa propria o gli immigrati (anche ex fratelli sovietici) siano agenti infiltrati di un oscuro nemico esterno aiuta, e non poco, a distogliere l’attenzione dalle questioni sociali irrisolte.
Il secondo aspetto del ragionamento del capo del Cremlino riguarda le nuove ideologie, spesso straniere, che in Africa ed in Medio Oriente hanno portato guerre e lutti. Il riferimento è sia allo scenario interno che a quello internazionale. Su quest’ultimo, onestamente, è difficile dargli torto. Si pensi al risultato delle “primavere arabe”. Mosca, perciò, si propone come garante dell’attuale status-quo.
Il punto saliente è, invero, sottaciuto: sulla scena internazionale la Russia si sente non considerata come potenza regionale quale è in realtà. Europa e Stati Uniti dovrebbero tranquillizzarla se essi sperano di averla dalla propria parte di fronte alle sfide del XXI secolo.
Il caso siriano pare essere già dimenticato: senza la mediazione russa Obama si sarebbe, forse, buttato in una ennesima disastrosa avventura.
Europa e Stati Uniti farebbero, però, anche bene a spiegare a Putin che una Russia finalmente democratica non avrebbe bisogno di certe manovre o missioni da svolgere.
gda
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