E’ stata scritta la parola fine sul progetto South Stream. La Russia ha per adesso rinunciato alla costruzione dell’avveniristico gasdotto che avrebbe portato il metano fino al cuore dell’Europa passando sotto al mar Nero ed in mezzo ai Balcani.
Troppi gli screzi con l’Unione Europea per il cosiddetto “Terzo pacchetto” dell’energia. Vladimir Putin si è arreso alla realtà ed al crollo delle quotazioni sui mercati internazionali. South Stream è per ora troppo costoso.
I riflessi economici e geopolitici sono importanti. La Saipemperde un contratto da 2 miliardi per la costruzione della tratta sottomarina; l’Eni evita di indebitarsi per rimanere dentro al consorzio. Geopoliticamente i Balcani non ottengono un futuro possibile collante per una regione da sempre instabile, l’idea di rendere l’Italia un “hub” energetico rischia di fallire con tutte le conseguenze del caso in un mondo sempre più globalizzato, la russa Gazprom rimane prigioniera dell’Ucraina.
Dopo la costruzione del Nord Stream verso la Germania la diversificazione delle vie di approvvigionamento del Vecchio Continente subisce così una pesante battuta d’arresto, aprendo la strada ad un dipendenza non più troppo marcata da Est, ma da Ovest. Il baricentro del mondo dell’energia si sposta lentamente dal Mediterraneo verso l’Atlantico, come successe ai commerci nel XVI secolo.
La conoscenza della storia avrebbe dovuto aiutare i politici italiani ad assumere le giuste posizioni.
Giuseppe D’Amato
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