“Gli Stati Uniti rimangono un partner fedele del Kosovo”. Con queste parole il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha salutato, il 17 febbraio, il secondo anniversario dell’indipendenza dell’ex provincia serba, che, per Washington, ha tentato di svilupparsi come un’“aperta repubblica multinazionale e democratica”.
Di parere opposto Belgrado. “La Serbia non la riconoscerà mai come entità sovrana”, si legge in un messaggio del presidente Tadic, che ritiene “pericolosa” la “strategia di integrazione” messa in atto da Pristina nei confronti delle aree abitate dalla minoranza slava (120.000 persone). Queste zone, il 15% del territorio nazionale totale, non sono controllate dal governo centrale.
In Kosovo i festeggiamenti sono stati imponenti. Le 65 bandiere degli Stati, che hanno riconosciuto l’indipendenza, sono state esposte sul corso principale della capitale. Centro dei festeggiamenti è stato il Parlamento. “In questi 2 anni – ha detto il presidente Fatmir Sejdiu – abbiamo dimostrato al mondo che la nostra indipendenza ha portato pace e stabilità alla regione”.
Il neo Stato – uno dei più poveri d’Europa – che ha finora ricevuto 4 miliardi di euro in aiuti, necessita di altre donazioni. La disoccupazione arriva al 40% tra i 2 milioni di abitanti; lo stipendio medio si aggira sui 240 euro mensili. Il 65% della popolazione ha meno di 30 anni. La violenza tra le diverse nazionalità e la criminalità diffusa sono un ostacolo agli investimenti stranieri.
La Nato mantiene 10.000 militari e 2.000 poliziotti. “Il Kosovo resta una fonte ed un luogo di traffico illegale”, attesta una relazione della Commissione europea del 2009.
Tra i Paesi che non hanno riconosciuto l’indipendenza del neo Stato, oltre alla Serbia, anche Russia, Cina, India, Brasile, nonché 5 membri Ue tra cui la Spagna (assai vigile sui movimenti baschi e catalani).
Il “precedente” del Kosovo ha provocato nello spazio ex sovietico un autentico terremoto. Dopo la fine della guerra d’agosto con la Georgia nel 2008 il Cremlino ha riconosciuto l’indipendenza delle due regioni separatiste da Tbilisi dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia.
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