“Damascus is the “Stalingrad” of Russian diplomacy. After years of geopolitical withdrawal, Moscow has chosen Syria as a way to revive its image of power in the world. “Not one step back” is the Kremlin’s new strategy, as it was for the Red Army along the banks of the Volga river during World War II. To be more convincing, the Kremlin has simultaneously flexed its muscles by supplying sophisticated […]


Una delle due kamikaze della linea rossa della metropolitana di Mosca era una ragazza di 17 anni, Jennet Abdurakhmanova, vedova di un cosiddetto “signore” della guerra daghestano, ucciso dalle forze federali il 31 dicembre 2009. Con lei la suicida aveva una lettera d’amore, scritta su carta araba (difficilissima da trovare in Caucaso), che terminava con la frase “ci incontreremo in Paradiso”. Questi i primi elementi in mano agli specialisti dell’anti-terrorismo, pubblicati dalla stampa russa. Come raccontano gli studiosi, i Signori della guerra hanno in genere dalle 10 alle 12 mogli.

 Le “vedove nere” sono uno dei peggiori prodotti del terrorismo in Caucaso. Mai nella storia e nelle rigide tradizioni di queste regioni uomini e donne sono state così uguali. Una vera rivoluzione importata dall’estero!

 E’ negli anni Novanta che i cosiddetti “salafiti” di origine araba hanno iniziato a fare proseliti, sfruttando anche la grande disponibilità di fondi e l’endemica crisi economica in Caucaso. L’islamismo secolare, tipico di queste latitudini, è stato così sconvolto da una cieca ondata di fondamentalismo.

 La società cecena, divisa in clan, è profondamente maschilista. La donna ha una posizione subalterna. Vive una vita tutta sua, appartata ad educare i figli piccoli.

 Ma in Caucaso nelle nuove generazioni, abituate a quasi due decenni di guerra, molto è cambiato. Questa gente è abituata a combattere e a morire e non fa riferimento agli anziani come avveniva prima. I giovani hanno preso tanto potere, un fatto contrario alle tradizioni. Adepti caucasici sono stati poi inviati ad istruirsi ai dettami religiosi all’estero: Emirati arabi, Arabia Saudita, Pakistan e Turchia.

 Con la vittoria dei federali nella guerra in Cecenia gli estremisti locali e quelli stranieri si sono spostati nelle repubbliche limitrofe, portando con sé la “jihad”, che mira alla costituzione di un “emirato del Caucaso”. Non si è più di fronte ad una guerra di liberazione contro i russi, ma alla lotta santa. La discriminante non è più la nazionalità, ma la religione. Anche un russo convertito all’Islam può essere parte della causa comune. Non a caso per gli attentati della metropolitana di Mosca sono ricercate persone con la fisionomia slava.

 I collegamenti con le centrali internazionali del terrore, in primis Al Qaeda, sono denunciati dai russi e confermati da fonti americane. Ecco perché il tandem Medvedev-Putin ha una brutta gatta da pelare.

Vedi anche Mosca: bagno di sangue nel metrò, EuropaRussia; Russia: i falchi come risposta al terrorismo? EuropaRussia; Cecenia: vince la pax russa. Primavera 2009, EuropaRussia.

 

 

 

 

 In Russia si è risvegliato il peggiore degli incubi. Di nuovo le kamikaze a passeggio per la capitale in cerca di obiettivi. Questa volta a farne le spese sono stati i pendolari del mattino.

 Se non si è mai saliti su un treno della metropolitana di Mosca all’ora di punta non si ha idea di che battaglia si debba combattere per conquistarsi un po’ di posto vitale per respirare. Dire che si è schiacciati come sardine non rende giustizia ad una situazione davvero precaria, quotidiana per milioni di persone. Le terroriste lo sapevano ed è qui che hanno colpito cinicamente, mentre le porte del treno si aprivano alla fermata. In quel momento si ha l’addensamento maggiore di gente in pochi metri quadri: dentro le sardine, fuori chi spinge per entrare.

 E pensare che da qualche tempo le solitamente rigide misure di sicurezza nel metrò erano state allentate. L’ultima volta un ordigno era esploso, quasi in periferia, in mezzo agli operai nel febbraio 2004, provocando, però, una strage.

 Simboliche sono le due stazioni colpite: la prima è quella sotto all’edificio centrale dei servizi segreti, l’ex Kgb, a qualche centinaio di metri dal Cremlino; la seconda all’intersezione della circolare, in un punto nevralgico dove si incontrano traffico auto di superficie e ferroviario. Il messaggio al potere politico moscovita, che ha pubblicamente reagito con parole pesanti, è chiaro: non siamo ancora morti e vi possiamo colpire ovunque.

 Gli inquirenti puntano il dito sicuri della pista islamico – caucasica. Vi sarebbero le immagine registrate dalle telecamere a circuito chiuso. La scorsa settimana la “mente” del deragliamento del treno superlusso “Nevsky Express”, Mosca-San Pietroburgo, è stato ucciso in Inguscezia. Si pensa forse alla vendetta dei suoi commilitoni o a qualcosa di collegato. Ma il “cervello” dell’operazione, chi è? E dove si nasconde?

 La Russia delle trame occulte recita contemporaneamente, però, anche altri copioni. Sempre la passata settimana è stato arrestato un gruppo di nazionalisti-xenofobi che preparava attentati nella capitale. Il tandem Medvedev-Putin sta tentando di riformare la società russa in un periodo, tra l’altro di grave crisi economica e di insicurezza psicologica generale. La lotta alla corruzione ha portato a dolorosi tagli di personale nei ministeri della cosiddetta “forza”, in particolare in quello degli Interni. La riforma o “mezza rivoluzione”, meglio la seconda definizione, è alle porte. E a tanti non piace. I comunisti denunciano attraverso la Moskovskaja Pravda una sempre più crescente strategia della tensione come in Italia negli anni Settanta.

 Mosca è rimasta scioccata. I terroristi sono riusciti a paralizzare l’intero centro di una megalopoli di 13 milioni di abitanti. Alla piazza Komsomolskaja, dove giungono passeggeri da tre stazioni ferroviarie e da altre delle linee interurbane, si è assistito ad un caos dantesco. Poi nelle ore successive alcuni dei corsi più congestionati dal traffico erano incredibilmente vuoti.

 I russi sono abituati a queste situazioni “extreme”, come dicono usando un anglicismo. Le tragedie del teatro della Dubrovka nel 2002 e della scuola di Beslan nel 2004, anche se sono state vissute in tivù, hanno lasciato ferite profonde. Mai, però nessun moscovita dimenticherà l’autunno ’99, quando i terroristi fecero saltare in aria due palazzi nella notte. Si dormiva allora in pigiama con il passaporto tra le mani, così la Protezione civile sarebbe stata in grado di identificare il cadavere. Arrivarono i “falchi” al potere e le cose poi si sistemarono. 

Vedi anche Bagno di sangue nel metrò– 29.03 con aggiornamenti

 

 

Come a Londra e a Madrid a morire sono gli innocenti. Due gli attentati terroristici a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Alle 7.56 è esploso il primo ordigno alla stazione della Lubianka, linea rossa. Hanno perso la vita sia passeggeri sul treno che quelli che erano sul binario in attesa di salire a bordo. Alle 8,37 un secondo ordigno è saltato in aria sulla stessa linea, ma quattro fermate più a sud, nella stazione Park Kultury, quella resa famosa dal film “Gorky Park”.

I due attentati sono avvenuti nel cuore di Mosca: il primo a poche centinaia di metri dal Cremlino, proprio sotto al palazzo dei servizi segreti, l’ex Kgb; il secondo,  nei pressi del nevraligico primo anello stradale e circolare del metrò.

Decine sono le vittime di questa azione terroristica. Il bilancio della tragedia è spaventoso: 40 sono i morti ed 84 i feriti gravi. Centinaia di persone sono state curate negli ospedali,  ad alcune è stata fornita assistenza psicologica.

Le 8 del mattino sono un’ora di punta. In metropolitana si viaggia schiacciati come sardine e le strade in superficie sono bloccate per il traffico. Le autorità capitoline hanno chiesto ai moscoviti di limitare l’uso dell’automobile per andare in centro.  Numerosi feriti sono stati evacuati soltanto con l’uso di elicotteri.

Nonostante le immediate misure prese dal Municipio il già caotico traffico di Mosca è letteralmente impazzito. Migliaia di persone hanno preso d’assalto le fermate degli autobus, i taxisti hanno quintuplicato il costo dei viaggi.  Il centro della capitale, megalopoli con circa 13 milioni di abitanti, è rimasto paralizzato per ore, per normalizzarsi solo nel pomeriggio.

No al panico“, è stato l’appello lanciato dal Patriarca Kirill. Numerose sono le telefonate, ricevute da giornali e radio o alla polizia, con denunce di pacchi sospetti o di avvenute esplosioni. Tutti i capi delle principali confessioni hanno dichiarato che “nessuna religione giustifica la violenza”, un modo per anticipare eventuali azioni di vendetta.

Nei giorni scorsi era stato eliminato in Caucaso il presunto autore del deragliamento del treno superlusso “Nevskij Express” l’anno passato, ma era stata data la notizia anche dell’arresto di un gruppo di fascisti-nazionalisti con l’obiettivo di organizzare azioni terroristiche nella capitale.  Secondo i primi rilevamenti gli attentati sono stati portati a termine da due kamikaze (probabilmente le famigerate “vedove nere”) con ai fianchi cinture con un esplosivo di circa 3 chilogrammi di dinamite ciascuna.  Due donne ed un uomo sono ricercati come componenti del commando di terroristi.

La pista radicale-caucasica è quella più seguita dagli inquirenti.  Secondo il professor Enver Kisriev, docente di studi caucasici all’Accademia delle scienze,  l’attentato può essere opera o di ceceni o di ingusci o di daghestani. Soprattutto nelle ultime due repubbliche la crisi socio-economica è più pesante e i gruppi di estremisti riescono a reclutare militanti, aiutati dalla mancanza di “dialogo col potere locale e con quello centrale moscovita”. Gli attentatori, stando ad una ricostruzione del quotidiano ‘Kommersant’, sarebbero giunti nella capitale dal Caucaso a bordo di un autobus di linea pieno di commercianti. Le due kamikaze avrebbero preso il metrò alla fermata Vorobiovskie gory e non alla Jugo-zapadnaja, come si pensava in un primo momento.

Il presidente Medvedev ed il premier Putin hanno promesso di eliminare fisicamente i terroristi. Il primo ministo ha dichiarato che per gli inquirenti è una “questione d’onore” “stanare questa gente dalle fogne“. Al Consiglio della Federazione alcuni senatori parrebbero voler far ripristinare la pena di morte, congelata dal 1996 dall’adesione della Russia al Consiglio d’Europa. La visita dell’ambasciatore americano ai luoghi del massacro ha destato profonda impressione, un segnale questo ulteriore del miglioramento delle relazioni bilaterali.

Questo è il nono attentato alla metropolitana moscovita, che ogni giorno trasporta 5,5 milioni di passeggeri.  Il 6 febbraio 2004 si registrò il più grave con 41 morti. Vennero anche questa volta colpiti i pendolari ma sulla linea verde.

I Falchi come risposta al terrorismo? – 29.03 con aggiornamenti.

 Meno vanto, più praticità. La Russia, estesa su ben 11 fusi orari, ha deciso di cancellarne due. Dal 28 marzo 5 regioni si avvicineranno a Mosca. Le remote Ciukotka e Kamchatka nell’Estremo oriente, la siberiana Kemerovo insieme a Samara e all’Udmurtia non adotteranno l’ora legale. L’iniziativa è del presidente Medvedev, che lanciò l’idea nel suo discorso sullo Stato della nazione nello scorso autunno. L’obiettivo è dare maggiore impulso al business. Fare affari con l’altro capo del Paese è quasi impossibile oggi. Quando nel Pacifico si dorme nella capitale si è nel pieno della giornata lavorativa. Questa scelta è solo la prima in vista di ulteriori cambiamenti.

 Il mondo politico regionale approva la decisione del Cremlino, qualcuno adducendo spiegazioni originali. Ad esempio il vulcanico Aman Tuleiev si è procurato una tabella in cui si nota l’aumento degli incidenti in miniera con l’ora legale.

 Il problema è, però, che il potere si è dimenticato, come al solito, di chiedere al popolo cosa ne pensa di questa iniziativa. I social forum su internet sono pieni di critiche ed invettive. Nel 1989 la regione di Samara adottò l’ora della capitale, salvo fare marcia indietro due anni dopo. La gente era insoddisfatta e i costi per l’energia elettrica andarono alle stelle. A dicembre alle 15 era già buio pesto.

 In passato, in epoca comunista, qualcuno lanciò l’idea di avere solo 4 fusi, in modo da dare un segnale alla gente di un Paese un po’ più unito. Non se ne fece nulla, ma i biglietti aerei o ferroviari venivano ovunque venduti con l’orario di Mosca. Inutile raccontare i complessi calcoli a cui si era costretti se ci si trovava, che so, in Kamchatka.

 Medvedev ha indicato il percorso. I russi di 5 regioni temono adesso per i propri cicli biologici!

 La notizia tanto attesa è arrivata. Il prossimo 8 aprile presidenti Medvedev ed Obama si incontreranno a Praga, città simbolo della Guerra Fredda, per firmare il nuovo Start. L’annuncio ufficiale è stato pubblicato contemporaneamente sui siti del Cremlino e della Casa bianca dopo l’ultima decisiva conversazione telefonica tra i due capi di Stato.

 Qualche settimana fa il presidente ucraino Janukovich aveva proposto di organizzare la firma a Kiev: la Russia sembrava d’accordo, gli americani no. La documentazione con le richieste ufficiali di autorizzazione per l’organizzazione dell’evento a Praga sono state consegnate mercoledì scorso. Il presidente ceco Klaus ha dato il suo immediato assenso.

  L’accordo stabilisce un tetto di 1.550 testate, 800 vettori, 700 tra missili balistici intercontinentali e quelli a bordo dei sottomarini ciascuno. I russi riducono il loro attuale arsenale di circa il 30%, gli americani del 25%. Il vantaggio economico è enorme: verranno spesi meno soldi per la manutenzione e ve ne saranno di più per lo sviluppo di armi più moderne. Si evita così che appaiano terzi incomodi che ne approfittino dei due litiganti. Tanto russi ed americani hanno armi da poter distruggere il mondo migliaia di volte ed un vantaggio tecnologico che, per decenni, sarà incolmabile.

 “Sono stati rispettati gli interessi dei due Paesi”, ha sottolineato Medvedev. La conclusione dell’accordo segna per il capo del Cremlino “il passaggio della cooperazione bilaterale ad un più alto livello”. Il presente accordo è, per Barack Obama, il più ampio documento concordato in due decenni.

 Il nuovo Start dovrà essere ratificato dai rispettivi Parlamenti dopo la firma di Praga. “Entro aprile” in contemporanea, ha proposto il ministro degli Esteri Serghej Lavrov. I russi temono imboscate ad Obama dei repubblicani in Senato. Sono riusciti finalmente a vedere legalmente riconosciuto il nesso tra armi offensive e sistemi di difesa anti-missilistici.

 Russia e Stati Uniti “inviano un segnale sul loro ruolo di leadership”, ha evidenziato il presidente Usa. Il 13 aprile Medvedev ed Obama si presenteranno a Washington alla Conferenza internazionale sulla sicurezza nucleare, poi in maggio a quella sulla proliferazione, con un’investitura morale che nessun leader ha mai avuto nella storia. Indirettamente lo Start-3 è un chiaro messaggio ad “Iran e Corea del Nord” e a quanti vogliano dotarsi illegalmente di armi letali.

 Per Barack Obama questo accordo è il primo passo verso la realizzazione di quel “mondo senza armi nucleari” di cui il presidente Usa parlò proprio a Praga il 5 aprile 2009. Il capo della Casa bianca ha più volte ripetuto che ci si arriverà tra molti decenni. Questo è solo l’inizio.

Vedi anche Tra Start e Scudi – Dossier sempre su EuropaRussia.

 

 

 

President Obama and President Medvedev agreed to meet in Prague, the Czech Republic, on Thursday, April 8, to sign the Treaty on Measures to Further Reduction and Limitation of Strategic Offensive Arms (the “New START Treaty”).

Statement

Дмитрий Медведев и Барак Обама встретятся в Праге для подписания нового договора о сокращении и ограничении стратегических наступательных вооружений апреля 2010 года.

статья

 The Arctic belongs also to Russia. Restrictions on Moscow’s access to the development of hydrocarbon fields in the Arctic, which accounts for over 25% of global oil and gas reserves, is unacceptable, President Dmitry Medvedev said at a session of the presidential Security Council.

The Arctic BBC world News

“We have seen attempts to limit Russia’s access to the exploration and development of Arctic deposits which is of course unacceptable from a legal point of view and unfair from the point of the geographical location and the very history of our country,” Medvedev highlighted and stressed that “polar countries are taking active steps to expand their economic and even military presence in the Arctic zone.”

The five Arctic nations — Canada, Denmark, Norway, Russia and the United States — are locked in a tight race to lay claim to vast riches believed to be hidden beneath the ice and snow in the Arctic.  They have claimed overlapping parts of the region estimated to hold 90 billion untapped barrels of oil. Under international law, each of the five Arctic Circle countries has a 322-kilometer (200-mile) exclusive economic zone in the Arctic Ocean.

 Medvedev did not specify which nations his comments were addressed to. Russia claims a large part of the Arctic seabed as its own, arguing that it is an extension of its continental shelf. Moscow has undertaken two Arctic expeditions – to the Mendeleyev underwater chain in 2005 and to the Lomonosov Ridge in the summer of 2007 – to support its territorial claims in the region.

It first claimed the territory in 2001, but the United Nations demanded more conclusive evidence.

Russia has said it will invest some 1.5 billion rubles ($50 million) in defining the extent of its continental shelf in the Arctic in 2010.

 In 2008, Medvedev signed an Arctic strategy paper saying that the polar region must become Russia’s “top strategic resource base” by the year 2020.

The document called for strengthening border guard forces in the region and updating their equipment, while creating a new group of military forces to “ensure military security under various military-political circumstances. “It said that by 2011 Russia must complete geological studies to prove its claim to Arctic resources and win international recognition of its Arctic borders.

 The Kremlin is officially against any arms race in the Arctic. In summer 2009 Denmark announced its plans to establish an Arctic military command and a task force.

MAP By BBC

 В Латвии прошел День памяти легионеров Waffen SS. По центру Риги маршем прошли бывшие эсэсовцы. Они получили законное право пройти по городу и возложить цветы к памятнику Свободы. При этом они могли рассчитывать на то, что полиция обеспечит им безопасность. Так шествие бывших членов латышского легиона Ваффен СС и их молодых почитателей из числа националистов проходило под охраной двойных кордонов полиции. По традиции, поджидали антифашисты. Но на этот раз обошлось без столкновений. Такое ежегодное противостояние в столице Латвии связано с крайне неоднозначной исторической датой. 16 марта 1944 года 15-я и 19-я латышские дивизии германских войсковых СС на Волховском фронте впервые вступили в бой с частями Красной армии.

Николай Сурков – НГ

Статья 

Trattato Start e Scudi non strategici regionali. In queste settimane la comunità internazionale sta scegliendo la nuova architettura militare per il 21esimo secolo. I contatti ufficiali ed informali sono febbrili e segreti. Sta nascendo il nuovo mondo post Guerra Fredda.

 A Ginevra i negoziatori delle due superpotenze del Ventesimo secolo sono vicini a chiudere il nuovo Start, sulla riduzione degli armamenti strategici, scaduto il 5 dicembre scorso. Russi ed americani avranno 1.500 testate nucleari operative a testa. E’ stato definito poi un complesso sistema di controlli.

 Il 12 aprile, affermano fonti moscovite, il nuovo trattato verrà firmato a Washington prima del summit sulla sicurezza nucleare. La ratifica parlamentare, però, dovrà avvenire in contemporanea. I veri grattacapi ce li ha Obama, che al Senato può contare oggi solo su 59 voti e per approvare lo Start – i cui aspetti negoziali pubblici sono stati criticati dai repubblicani – ne servono 67 su 100. Obama vorrebbe risolvere il problema prima delle elezioni d’autunno. Il Cremlino, però, non si fida. Ha tra le mani un accordo che considera inaspettatamente vantaggioso dopo anni di ritirate.

 Ma potrebbe essere la vittoria di Pirro. Barack Obama ha rivoluzionato la strategia Usa: ha rinunciato allo Scudo spaziale globale di Bush (quello contro i missili intercontinentali) per ragioni economiche e tecnologiche; ha dato il via libera a quelli “non strategici” regionali – più pratici ed in funzione in breve tempo. Il pericolo ufficiale è l’Iran con i suoi missili a corto e medio raggio. Stati Uniti e Russia non ne dispongono dal 1991.

 Il Cremlino è stato così preso in contropiede. In Europa centro-orientale è iniziata la corsa alla partecipazione a questi sistemi. La Polonia ha accettato di ospitare a Morag (nei pressi del confine russo) i “Patriot-3”, venendo in questo modo ricompensata per la perdita settembrina dei 10 intercettori dello Scudo spaziale. Romania e Bulgaria hanno fatto altrettanto a metà febbraio. Durissime note diplomatiche si sono scambiate Mosca e Sofia, un tempo storiche alleate.

 Durante la Guerra Fredda le due superpotenze si erano accordate per limitare lo sviluppo delle difese anti-missilistiche con lo scopo di rafforzare la deterrenza nucleare. Ma adesso il pericolo viene da lanci di terzi.

 Questi “mini-Scudi” locali, su cui il Cremlino ha chiesto chiarimenti, non sono in grado di fermare i missili intercontinentali (a lungo-raggio). Come tutta risposta la segretaria di Stato Usa, Hillary Clinton, ha addirittura ipotizzato una Russia all’interno della Nato. La Casa bianca è pronta a far partecipare subito Mosca alla partita. A Bruxelles alti ufficiali dell’Alleanza atlantica si sono appena incontrati con quelli russi per discutere gli aspetti tecnici.

 Contemporaneamente ha colpito la quasi non-curanza americana per la possibile vendita di 4 navi francesi della potentissima classe “Mistral” a Mosca. Un affare semplicemente epocale. Il Cremlino sarebbe in grado di risolvere una crisi tipo quella georgiana in poche ore. L’intero Baltico, futura dislocazione delle unità, è in subbuglio.

 Ma alla Casa bianca si punta al bersaglio grosso. Si è aperta la possibilità di creare più difese anti-missilistiche regionali comuni a Russia, Nato e Stati Uniti. Evidenti le conseguenze per l’intero pianeta. Dalle parole si sta pongono le fondamenta per la stabilità strategica europea. Il nodo cruciale è se il Cremlino – messo al corrente a giochi fatti – accetterà di essere un membro di questo accordo e non il protagonista principale.
Giuseppe D’Amato

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