La Russia volta pagina nella continuità. Il delfino di Vladimir Putin, Dmitrij Medvedev, è il nuovo capo del Cremlino. L’affermazione è stata nettissima come nelle previsioni. Del resto Vizir non aveva alcun vero avversario.
Che il passaggio di potere nell’ex superpotenza sarebbe stato ridotto a pochi invitati era nella logica degli ultimi eventi. Mosca era impaurita da rivoluzioni sullo stile ucraino e georgiano, importate dall’Occidente, alcune delle quali con nascosti interessi geopolitici stranieri. Questa la spiegazione ufficiale, invero non priva di fondamento. L’eccesso di zelo ed il non voler salvare nemmeno le apparenze hanno disorientato e non poco. Nel ’96 e nel 2000, quando si temette il ritorno del comunismo, le cose andarono diversamente.
La Russia, per sua natura, vive ponendosi degli obiettivi strategici: negli anni Novanta Boris Eltsin fondò il sistema democratico in un Paese da sempre nelle mani delle autocrazie e delle dittature di turno; nel quadriennio successivo Vladimir Putin ebbe il gravoso incarico di mantenere intatta la Federazione, attaccata dal terrorismo, ed intaccata dal separatismo interno; quindi fu la volta della rinascita economica e di un rinnovato peso sulla scena internazionale.
Da oggi e per i prossimi quattro anni, la linea strategica da perseguire è nuova e pone, dopo secoli, il cittadino al centro dei pensieri del potere. Il miglioramento della qualità della vita dei russi è un’urgenza non più rimandabile in un Paese – attanagliato da una spaventosa crisi demografica – che perde ogni anno circa 700mila abitanti. La creazione di infrastrutture è il secondo compito, vitale per la crescita e lo sviluppo. Anche perché le vacche grasse stanno per finire. I tanti nodi, soprattutto sociali, rimasti nascosti dal boom economico sono destinati a venire ora al pettine.
Dmitrij Medvedev, fin dal 2005, è stato il responsabile dei quattro grandi Progetti nazionali di rinnovamento. Ecco in parte spiegata la sua scelta e non il semplice premio per essere stato un fedele compagno ed esecutore dei disegni di Putin per 17 anni.
Quando c’è la Patria di mezzo i russi sono estremamente pragmatici e non disponibili a giochetti. Eltsin si affidò ad uno sconosciuto ex agente del Kgb, ma dalle mille energie e dalle innate capacità, pur di raggiungere obiettivi, che sembravano allora delle chimere. I risultati ottenuti gli hanno dato ragione anche se si sono registrati grossi passi indietro su conquiste considerate ormai certe.
Il 42enne Medvedev appartiene alla generazione di chi ha conosciuto l’Urss, già da adulto, solo con la perestrojka gorbacioviana e non ne è un nostalgico. E’ un nuovo russo, fattosi col lavoro duro, amante delle comodità e della tecnologia. Insomma una persona con esperienze diverse da quelle di Putin.
Il neo-presidente avrà anche il compito non facile di riportare il suo Paese all’interno della Comunità che conta, strappandolo all’isolamento in cui è caduto nell’ultimo biennio. Gli Stati Uniti e l’Europa sperano che Mosca ritrovi la strada intrapresa da Eltsin e mostri che alcuni “valori” rimangono “comuni”. Se, invece, proseguirà la politica della “potenza” non è lecito attendersi alcunché di buono per il Vecchio Continente e la Russia verrà isolata sempre più verso Est e risucchiata dalla Cina.
Marzo – Maggio 2008
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.