Un esempio per tutti i Balcani. Lubiana e Zagabria stanno tentando di risolvere civilmente l’annosa disputa per i confini che si protrae dal 1991, ossia dallo scioglimento della Jugoslavia. In un referendum gli sloveni hanno approvato di affidarsi ad un arbitrato internazionale: 51,5% i “sì”, 48,5% i “no”. L’affluenza alle urne si è attestata al 42,2%.
In questi anni il governo di Zagabria ha chiesto a più riprese di dividere il mare davanti alla baia di Pirano a metà, mentre Lubiana, che ha solo 46 chilometri di costa, si è sempre opposta a ogni tipo di spartizione che potesse mettere in pericolo il suo accesso diretto alle acque internazionali nel nord dell’Adriatico attraverso il porto di Capodistria.
Molto positivi sull’esito del referendum sono i commenti delle dirigenze dei due Paesi in causa e dell’Unione europea. Grazie a questa consultazione popolare si sbloccano indirettamente i negoziati di adesione all’Ue della Croazia, che mira a diventare il ventottesimo Stato dell’Europa unita entro il 2012. Zagabria ha aperto con Bruxelles 30 capitoli negoziali e ne ha chiusi 18.
Per evitare risultati poco incoraggianti, ottenuti con l’entrata di Romania e Bulgaria nel 2007, sarebbe, tuttavia, auspicabile che la Commissione europea non abbassi gli standard richiesti per le adesioni. Bruxelles volge il suo sguardo all’intera area balcanica, dove odii atavici e spargimenti di sangue l’hanno fatta da padrone per secoli e dove, negli anni Novanta, si sono rivissute tragedie ed atrocità che il Vecchio Continente sperava di aver dimenticato dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La fretta potrebbe essere una cattiva consigliera quanto lo è stata con l’adesione alla moneta unica di Paesi che non erano pronti. Ad un certo punto, prima della complessa pratica balcanica, si potrebbe pensare ad un percorso accelerato per l’Ucraina, Paese attraverso il quale passano gran parte delle strategiche forniture di energia all’Europa.
L’Italia osserva con estremo interesse la disputa sloveno-croata. Il porto di Capodistria ha conosciuto nel corso degli ultimi anni una progressiva crescita della quantità di merce trattata. Qui fanno capo i traffici commerciali via mare di Paesi dell’Europa centro-orientale privi di sbocchi sul mare, quali Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia. Nel 2008 il porto di Trieste è stata sorpassato da quello vicino per numero di teu (containers) movimentati. La Regione Friuli Venezia Giulia ha dato, però, parere non positivo all’ampliamento dello scalo di Capodistria per una lunga serie di ragioni.
Il rispetto delle regole comunitarie è l’unico modo per evitare che la Casa europea, sognata dai “Padri fondatori” continentali, non si trasformi in un litigioso condominio.
Giuseppe D’Amato
Cartina dal sito Peacereporter.net
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