Ennesimo litigio tra Mosca e Minsk con l’Europa a farne le spese. Chi tra i due contendenti abbia ora ragione non è facile stabilirlo. Gli uni pretendono il pagamento del gas consumato, gli altri quello dei diritti di transito.
Per ragioni politiche e geostrategiche, per oltre un decennio, il prezzo degli approvvigionamenti energetici russi a Minsk è stato di favore, quasi quello che pagano le regioni della Federazione. Su questo vantaggio non da poco, il presidente Lukashenko è riuscito ad evitare il crollo industriale-economico degli anni Novanta in Bielorussia e a dare stabilità al suo Paese.
Le cose sono cambiate dopo la “rivoluzione arancione” pro-occidentale in Ucraina nel 2004. Il Cremlino, attraverso la Gazprom, è passato all’incasso, provocando la rabbia di Lukashenko, che l’amministrazione Bush ha definito “l’ultimo dittatore” d’Europa. In sintesi, non più rapporti alla sovietica, quasi completamente basati sul barter, ma contatti pagati con soldi sonanti a prezzi di mercato o quasi.
La Bielorussia vive un momento particolare: il prossimo anno sono previste le elezioni presidenziali e l’economia ha subito i colpi della recessione internazionale. Lukashenko aveva chiesto di saldare alcuni pagamenti in macchinari, ma il collega Medvedev gli ha risposto pubblicamente in maniera considerata da Minsk sprezzante. “Scusate – ha evidenziato il leader bielorusso -, ma quando iniziano ad umiliarci noi ci offendiamo. Così non si deve permettere di comportarsi un presidente di un Paese amico, un presidente che dirige in pratica lo stesso popolo”.
Quindi se la Gazprom ha tagliato i rifornimenti del 30% fino all’85% del gas consegnato, Minsk ha colpito il “tallone d’Achille” russo, ossia ha sospeso il passaggio di gas russo verso ovest. Sul suo territorio transita, però, in realtà solo il 20% circa del totale degli approvvigionamenti al Vecchio Continente. E poiché uno dei due gasdotti, Jamal-Europa, è controllato dai russi la decisione di Minsk riguarda solo il 6,25% dei volumi totali all’Ue. I disagi saranno, perciò, minimi. Lukashenko ha un’arma spuntata, ma può dar fastidio lo stesso oggi. Sa perfettamente che i russi stanno costruendo un gasdotto sotto al Baltico insieme ai tedeschi, il Nord Stream, che verrà terminato nel 2011. La Bielorussia vedrà così la sua rilevanza strategica ridursi.
L’anno scorso i due Paesi fratelli si affrontarono nella guerra del petrolio con relativo blocco di oleodotti. Il contendere era il privilegio dei bielorussi di rivendere il greggio russo sul mercato internazionale senza pagare dazi a Mosca. Minsk, alla, fine fu costretta a cedere.
Ma gli screzi e le querelle non finiscono qui. Lukashenko è irritato dalla posizione egemone del Cremlino nella neo-nata Unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakhstan). Non gli è chiaro quali imposte verranno cancellate e a chi. Indirettamente si è reso conto che, dopo 16 anni di presidenza, Mosca lo vuole probabilmente scaricare se troverà un altro leader di sua fiducia. Al duo Medvedev-Putin non è piaciuto la concessione dell’asilo politico all’ex capo di Stato kirghiso Bakiev.
L’Unione europea si trova, pertanto, coinvolta in uno scontro altrui. Dare forza al suo programma “Partnership orientale” con Minsk sarà in futuro probabilmente l’unico modo per evitare sgradevoli sorprese.
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.