Un viaggio per la democrazia. Così è stata definita dal suo staff la tournée di 5 giorni di Hillary Clinton in Europa centro-orientale ed in Caucaso, nel cosiddetto “cortile di casa” del Cremlino.
Duplice e significativo il messaggio all’intero spazio ex sovietico: continuate sulla strada delle riforme democratiche e non temete dal riavvicinamento tra le due ex superpotenze della Guerra Fredda e dalla loro nuova politica del “reset”, iniziata con l’insediamento alla Casa bianca di Barack Obama. Tutti ne hanno da guadagnare.
In Ucraina il Segretario di Stato Usa ha sottolineato che c’è posto nell’Alleanza Atlantica se Kiev farà richiesta di adesione. La questione era stata sollevata dalla precedente presidenza Jushenko, ma è poco popolare tra la popolazione. Il neo-leader ucraino Janukovich ha scelto una politica di neutralità e di equilibrio tra est ed ovest.
In Polonia la Clinton ha firmato col collega Sikorski un accordo di modifica di precedenti intese siglate dall’Amministrazione Bush per dislocare qui lo Scudo spaziale strategico, che aveva come obiettivi lanci di missili a lungo raggio. Obama ha abbassato il pericolo a lanci isolati di vettori a medio e corto raggio. Stanno così nascendo mini-Scudi regionali. Una base militare di questo sistema sarà proprio in Polonia.
La Clinton ha invitato armeni ed azeri a trovare una via d’uscita all’annosa questione dell’enclave del Nagorno-Karabakh. Una soluzione condivisa, ha spiegato il Segretario di Stato, sarà la base della stabilità e della prosperità dei due Paesi caucasici.
Estremamente complessa è stata la tappa in Georgia, dove il capo della diplomazia statunitense ha incontrato sia le autorità al potere che l’opposizione. Washington ha ripetuto sempre e comunque il suo appoggio incondizionato all’integrità territoriale ed alla sovranità della Georgia. Qui la Clinton ha criticato “l’occupazione” da parte della Russia delle repubbliche secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale ed ha invitato Mosca a rispettare le intese che hanno messo fine alla guerra dell’agosto 2008.
Gli Stati Uniti di Obama hanno cambiato strategia e non appoggiano più, come successe in passato con l’Amministrazione Bush, le cosiddette “rivoluzioni colorate”, che avevano messo a soqquadro l’intero spazio ex sovietico, soprattutto quello fedele al Cremlino. Lo sguardo di Washington si volge adesso ad altri teatri regionali, dove gli Usa stanno giocandosi la leadership mondiale. Avere la Russia al proprio fianco, come nel caso del problema nucleare iraniano, significa avere maggiore possibilità di successo. La Clinton è, però, riuscita a rassicurare i Paesi filo-occidentali dell’area ex sovietica. Il terzo e più importante messaggio per loro è stato: “non vi dimenticheremo”.
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