Il pericolo è locale, non per le aree più lontane. Vladimir Cjurov, direttore del programma energetico di Greenpeace Russia, non condivide il cosiddetto “nuovo rischio Cernobyl”, tanto agitato dai giornalisti occidentali. La sensazione è che qualcuno ci stia speculando sopra.
“Attenzione – spiega lo studioso, non troppo tenero col potere federale, – vi sono degli incendi nei boschi dove non vi sono, però, materiali radioattivi, bensì residui tossici della tragedia di Cernobyl del 1986. Essi possono essere pericolosi per i pompieri e la gente del luogo e provocare dei problemi, ma non morte o invalidità. Purtroppo l’effetto localmente ci sarà”.
Come giudica la situazione a Mosca e nel resto del Paese? “Quella generale sta migliorando, ma non bisogna pensare di aver vinto questa battaglia. Abbiamo le foto della Nasa. Non cadiamo in ottimismi fuori luogo”.
Chi ha la responsabilità di quello che sta accadendo? “Sono stati commessi degli errori imperdonabili. E’ stato praticamente sciolto il corpo delle guardie forestali, che sarebbe stato utilissimo per scoprire gli incendi in fase iniziale e non quando già occupavano aree enormi. Nel 2000, con l’insediamento del presidente Putin, passò la prima riforma del settore. 50.000 guardie circa vennero mandate via. Nel 2007 questa linea fu confermata con l’approvazione del codice boschivo”.
Ma come è possibile che la Russia proponga all’estero di comprare i suoi Canadair e poi non ha sufficienti mezzi in Patria? “Questo è un paradosso che riflette la situazione politica interna. Non esiste l’interesse nazionale, ma quello di ben determinate persone o gruppi. Se questi signori vogliono fare soldi per vendere aerei, perché no? A giugno la Protezione civile era impegnata in Grecia, ma non c’era un solo mezzo per spegnere i roghi nella regione di Ivanovo”.
Quali altri rischi atomici esistono oggi in Russia? “Bisogna stare attenti alle centrali nucleari. Primo: esse non devono restare senza erogazione di energia elettrica per gli incendi. Secondo: l’acqua utilizzata negli impianti ha una temperatura pericolosa già vicina ai 30 gradi. Terzo: per il caldo un trasformatore è bruciato alla centrale di Novovoronezh il 4 agosto scorso ed il sistema è stato immediatamente fermato”.
In conclusione, quanto tempo serve per tornare alla normalità? “Per l’ecosistema ci vorranno 10 anni, per la gente esposta un paio di anni. Nel 1998 lo smog ed il fumo a Khabarovsk nell’Estremo oriente russo provocarono un innalzamento del tasso dei problemi respiratori del 30%”.
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