Le presidenziali bielorusse paiono davvero scontate. Tutti i sondaggi della vigilia danno il capo dello Stato uscente Aleksandr Lukashenko, nettamente in testa con un notevole margine di vantaggio sulla somma dei voti che dovrebbero ottenere i suoi 9 sfidanti messi insieme. Se nel 2006 la competizione poteva considerarsi aperta, poiché l’opposizione era riuscita a nominare un solo candidato (Aleksandr Milinkievich), adesso ognuno è andato per conto suo. Nel 2008 il fronte anti-governativo non è riuscito ad eleggere nemmeno un suo rappresentante in Parlamento.
Presidente dal ’94, criticato da Russia, Unione europea e Stati Uniti Lukashenko, definito dall’Amministrazione Bush “l’ultimo dittatore” del Vecchio Continente, non ha avversari in Patria anche grazie al ferreo controllo dei mass media. Gli osservatori dell’Osce hanno già certificato la disparità del loro uso fra i candidati.
Russi ed occidentali hanno in questo momento altri problemi per scontrarsi sulla Bielorussia. Così se le elezioni saranno “democratiche” o avranno una parvenza di esserlo l’Unione europea garantirà a Minsk un credito di 3 miliardi di euro. Da settimane circola voce che dopo le presidenziali la Bielorussia rischia il default per le eccessive spese di questi mesi. La Russia, invece, ha già concesso ai fratelli “bianchi” vantaggi doganali e fiscali, simili a quelli goduti in passato, sulla raffinazione e sulla vendita del proprio petrolio all’estero.
Democraticamente “Batka” ha permesso di apparire per un’ora in televisione a ciascuno dei suoi 9 litigiosi avversari alcune settimane prima del voto in modo che gli elettori abbiano il tempo di dimenticarseli. Ma è bene sottolinearlo tra loro non vi sono rilevanti personalità che potrebbero coagulare un fronte anti-Lukashenko.
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