Elena Bonner era una donna dal coraggio incredibile e dai principi solidissimi. Tutta la sua vita è stata una lotta continua per affermare i valori in cui credeva. Figlia di un funzionario del Comitern e di un’attivista comunista ebrea Lusik Alikhanova (il suo nome alla nascita) vide i suoi genitori condannati dalle purghe staliniane. Il padre fu fucilato nel 1938, mentre la madre si beccò 8 anni di carcerazione nei gulag. Affidata a dei parenti a Leningrado Elena studiò letteratura, quindi lavorò come infermiera nell’Armata Rossa. Ferita durante un attacco aereo recuperò velocemente le forze per terminare la Seconda guerra mondiale in Austria.
Dopo la conclusione delle ostilità si prese una laurea in Medicina. Quindi nel 1965 si iscrisse al Pcus, pentendosi dopo la Primavera di Praga e lasciando definitivamente il Partito nel 1972. In tutti gli anni Sessanta, durante il periodo chruscioviano, frequentò i processi contro i dissidenti. Continuò anche dopo la presa di potere di Breznev. Nel 1970 conobbe a Kaluga in un tribunale Andrej Sakharov, il padre pentito della bomba atomica sovietica all’idrogeno, ormai caduto in disgrazia per le sue posizioni politiche. I due si sposarono nel 1972.
Iniziò una vita durissima al margine della società sovietica. Fu Elena a ritirare il premio Nobel ad Oslo assegnato al marito nel 1975. L’anno successivo i due furono tra i fondatori del Gruppo moscovita di Helsinki per la difesa dei diritti umani. Nel 1980 il potere comunista passò alle maniere dure, trasferendo la coppia in modo coatto a Gorkij, l’attuale Nizhnyj Novgorod, città allora chiusa agli stranieri.
Tre volte il grande fisico fu costretto a degli scioperi della fame per far ascoltare le sue ragioni. Due di queste in difesa della moglie: contro un’azione giudiziaria e per farla operare al cuore all’estero. Solo nel 1986, dietro pressioni internazionali, Michail Gorbaciov liberò la coppia dall’esilio di Gorkij. Nel marzo 1989 Andrej Sakharov fu eletto deputato al Parlamento dell’Urss su candidatura dell’Accademia delle Scienze, ma nel dicembre dello stesso anno morì a Mosca per un infarto all’età di 69 anni.
Elena Bonner continuò da sola l’azione politica. Fu scelta dal presidente russo Boris Eltsin nella Commissione federale per la difesa dei diritti umani, da cui si dimise dopo l’inizio della guerra in Cecenia, definita come un “genocidio”. Quindi assunse posizioni d’opposizione contro le scelte di Vladimir Putin e chiese nell’agosto 2008, dopo la guerra con la Georgia, che la Russia venisse espulsa dal G8. Il 10 marzo 2010 Elena Bonner, ormai residente negli Stati Uniti, è stata la prima firmataria del manifesto di alcuni intellettuali “Putin deve andarsene”.
Nel 2009 il presidente Dmitrij Medvedev ha dichiarato che le idee di Andrej Sakharov sono ancora attuali. Gli rispose amaramente la Bonner che i principi affermati “pace, progresso e diritti dell’uomo” sono dimenticati in Russia, perché non inculcati e fatti crescere nella gente. Il mondo ormai appartiene ad un’altra generazione.
Giuseppe D’Amato
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.