La Polonia continua nel suo corso liberale – riformista. Questo l’esito delle insidiose legislative, assolutamente non così scontate come potrebbe sembrare. Per la prima volta dal crollo del Muro di Berlino un partito ottiene un secondo mandato consecutivo. A Varsavia si è forse trovato il giusto equilibrio tra stabilità e sviluppo. E la notizia non può che far piacere all’intera Europa.
Sono stati definitivamente sconfitti i fantasmi passati e più recenti. Con l’adesione all’Unione europea nel 2004 è entrato nei libri di storia il secolare penalizzante scenario di un Paese geostrategicamente schiacciato tra Russia e Germania. Gli ultimi tentativi in campagna elettorale di risvegliare i vetusti incubi sopiti nell’animo della nazione polacca non hanno prodotto risultati.
Varsavia è ormai pienamente dentro al processo di integrazione continentale. I suoi sostenitori sono in netta maggioranza. Sebbene Washington e gli Stati Uniti continuino ad essere per lei un punto di riferimento e di ispirazione il primato d’oltreoceano è ora messo in seria discussione da Bruxelles.
Neanche il premier Donald Tusk si aspettava una vittoria così. La sua espressione di entusiasmo nell’apprendere gli exit polls ne è la prova. L’ex dissidente liberale di Danzica ha evitato uno dei tanti colpi di coda così frequenti nella storia del Paese. Nelle ultime settimane i conservatori capeggiati dall’euroscettico Jaroslaw Kaczynski si erano tremendamente avvicinati, fermandosi al 30%.
La Polonia è oggi divisa in due, tra chi gode del boom economico e chi ne è rimasto fuori. Tusk ha, però, vinto perché ha collezionato una serie di successi. Ad esempio la Polonia è l’unico Stato Ue a non essere caduto in recessione nel 2009 anche grazie ai copiosi fondi strutturali europei (elargiti anche come ricompensa per l’abbandono del Paese nelle mani sovietiche dopo la fine della guerra) ed agli investimenti stranieri, soprattutto statunitensi.
La grande sorpresa di queste elezioni è rappresentata dall’incredibile avanzata nella cattolicissima Polonia della lista “anticlericale” dell’imprenditore Janusz Palikot, che si batterà per i diritti dei gay e la liberalizzazione della marijuana. In caduta libera sono, invece, gli ex comunisti, ora socialdemocratici, di SLD.
Inizia adesso per Tusk un nuovo mandato, più complicato del primo, soprattutto per la crisi economica internazionale. Oltre al rischio tipico di sedersi sugli allori, si devono gestire al meglio la trattativa in corso sul budget Ue 2014-2020 (a Varsavia dovrebbero andare 81 miliardi, nel precedente 67), l’importantissima vetrina dei campionati europei di calcio nel 2012 ed una maggiore liberalizzazione dell’economia. Vincere queste sfide, non dimenticandosi delle ampie differenze interne, garantirà alla Polonia un futuro di prosperità.
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