Rapporti con gli Stati Uniti, crisi siriana, questioni interne. Vladimir Putin è stato incalzato da circa mille duecento giornalisti per quattro ore e mezza, molto più a lungo di quanto preventivato. Ad un certo punto è quasi sembrato che il capo del Cremlino non volesse più chiudere la mega-intervista per mostrare ai presenti di essere tornato in forma come ai bei tempi. I problemi di salute alla schiena di quest’autunno sono apparsi quindi superati.
Il piglio del presidente russo nel rispondere alle domande, anche a quelle più scomode, è stato quello solito. Dopo aver sciorinato le cifre più che buone sullo stato dell’economia federale – Pil +3,7%, inflazione al 6,3%, tasso di disoccupazione al 5,4%, riserve valutarie pari a 527 miliardi di dollari – è iniziata l’interminabile maratona mediatica.
Vladimir Putin è d’accordo con l’iniziativa della Duma di bloccare le adozioni di bambini russi da parte di cittadini statunitensi. “Hanno cambiato – ha rimarcato il capo del Cremlino, andando all’attacco contro il Congresso Usa, – una legge anti-sovietica (ndr. la Jackson-Vinik del 1974) con una anti-russa”. Washington intende in quel modo colpire i corrotti e chi calpesta la democrazia in Russia. Una simile legge è già approdata anche all’Ue, a Strasburgo. Mosca ha subito reagito con una contro iniziativa legislativa anti-Usa. Non si è capito, però, perché siano state scelte le adozioni internazionali. Conclusione: a rimetterci saranno le migliaia di bambini abbandonati negli orfanatrofi russi.
I giornalisti presenti hanno fatto notare che le adozioni nazionali sono ben poca cosa rispetto all’enorme necessità di dare una casa alle centinaia di migliaia di sfortunati. Ma non c’è stato nulla da fare.
Parlando delle questioni aperte con la Casa bianca e sottolineando che i problemi sono sorti con la guerra in Iraq, Putin ha ricordato la spinosa questione dello Scudo anti-missilistico, che gli occidentali sono intenzionati a dislocare nel Vecchio Continente. “Che gli interessi russi vengano rispettati”, è stato il suo appello.
Mosca non è preoccupata per la sorte di Bashar al-Assad e capisce che “certamente servono cambiamenti in Siria. Quello che a noi interessa è cosa succederà dopo”. La vicenda libica ha insegnato che le soluzioni politiche vanno preferite a quelle militari, quando ci si trova di fronte al rischio della dissoluzione di uno Stato.
Putin ha negato che lo Stato da lui creato sia “autoritario”. Se fosse così l’attuale leader russo avrebbe fatto emandare nel 2008 la Costituzione, che vieta più di due mandati presidenziali. Così non è stato. “Abbiamo garantito la stabilità”, ha contro ribattuto Putin, secondo il quale “la democrazia non significa anarchia”. Per quanto riguarda l’ex oligarca Michail Khodorkovskij, ora in carcere, il capo del Cremlino ha messo in evidenza che il sistema giudiziario in Russia è indipendente da quello politico e lui non ha nulla a che vedere con quel caso. Anzi Putin si è augurato che una volta libero nel 2014 l’ex uomo più ricco del Paese goda di buona salute.
“Se Gerard ha bisogno di un permesso di soggiorno o di un passaporto russo – ha detto sorridendo Putin riferendosi all’attore francese Depardieu, che sta emigrando per evitare l’elevata imposta appena decisa da Parigi – il problema è risolto”.
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