L’Africa settentrionale rischia di trasformarsi in un nuovo Afghanistan? Oppure siamo di fronte ad un’ondata di colonialismo europeo sotto mentite spoglie, quelle del XXI secolo? Dopo la morte del leader libico Gheddafi l’Africa è diventata più insicura? “La crisi degli ostaggi in Algeria – chiarisce subito Aleksandr Tkachenko, vice direttore del Centro studi sull’Africa settentrionale dell’Accademia russa delle Scienze, – è certamente collegata con la guerra in Mali”.
La situazione sul campo è assai complicata. “Da più di un anno in questa macroregione (Mali, Niger, Algeria e Paesi limitrofi) si osservano iniziative di forze separatiste, chiamiamole così, contro i governi centrali. Le motivazioni di carattere socio-economico, mi riferisco all’estrema indigenza in cui vive la popolazione, fanno da detonatore alla protesta. Non dimentichiamo che l’Africa è un continente povero”.
Da chi sono composte queste forze, come le ha chiamate lei, separatiste? “Vi è stata l’unione tra membri dell’opposizione anti-governativa, esponenti regionali, unità armate e gruppi vicini ad AlQaeda. Questa realtà, creatasi adesso, è una minaccia per tutti i Paesi dell’Africa occidentale”.
Perché quindi gli eventi algerini sono collegati con quelli del Mali? “Guardiamo alle richieste fatte dagli assalitori dei pozzi petroliferi. Primo, fermare l’intervento francese in Mali. Secondo, liberare alcune persone detenute a Guantanamo. Attenzione. Ricordiamoci la storia di Bin Laden. E cerchiamo di comprendere dove sia la frontiera tra protesta dell’opposizione ed estremismo e quando essa viene superata”.
Siamo pertanto di fronte ad un nuovo Afghanistan? “Non ora. Ma certi elementi lo fanno tornare in mente”.
Quale futuro per questa macroregione? “Le forze anti-governative potranno rafforzarsi nel lungo periodo. E’ un’area geografica difficile. Non sarà facile calmare le acque in fretta”.
Non è che gli occidentali stiano sfruttando la situazione per imporre un qualche nuovo tipo di colonialismo? “La questione è assai complessa e non si può riassumere in una battuta. Diciamo, invece, che nell’ultimo decennio le guerre civili in questa area del mondo sono di molto aumentate. Il rischio di un frazionamento del continente è palese. Pensiamo al Sud Sudan che si è separato dal Sudan. In precedenza è accaduta la stessa cosa tra Eritrea ed Etiopia. Nel Mali del Nord è stato appena proclamato dagli insorti un nuovo Stato. I governi centrali non riescono a risolvere i grandi problemi che attanagliano i loro deboli Paesi. La corruzione poi fa il resto. L’unica soluzione, in molti casi, è la separazione tra le regioni”.
Come è possibile che queste forze anti-governative siano armate fino ai denti? Queste armi provengono dalla Libia? “Tutti sanno che la Libia era un Paese ricco e ne aveva tante”.
Come mai questi gruppi sono così numerosi? “Gheddafi aveva al suo servizio tanti mercenari, originari dell’Africa nera. Adesso questi sono tornati a casa o in Paesi vicini e cercano di farsi una posizione con le armi in mano”.
Queste forze separatiste sono un pericolo per le rotte del petrolio e del gas? “Sì. Possono creare grattacapi in Algeria, tra i primi dieci produttori mondiali di materie prime, e provocare conseguenze negative internazionali”.
La Russia pare allineata su posizioni comuni all’Occidente. “Mosca cerca di fermare i conflitti con la diplomazia. All’Africa serve la stabilità”.
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