I Giochi olimpici di Sochi 2014 sono la vetrina della nuova Russia post sovietica, l’evento costruito su misura per ostentare la resurrezione dell’ex superpotenza dopo il crollo dell’Urss e per lanciare il chiaro messaggio geostrategico che con il Cremlino bisognerà fare i conti anche nel XXI secolo.
L’edizione invernale sul mar Nero ha ulteriori due caratteristiche. La prima è di carattere politico-personale, ossia i Giochi sono il culmine e l’elogio massimo del potere di Vladimir Putin, l’uomo della rinascita e dell’arricchimento del gigante slavo.
La seconda è di carattere ludico. Sochi 2014 è l’occasione per ospitare finalmente Olimpiadi, pienamente tali, che metteranno la Russia per due settimane al centro dello sport mondiale e le daranno lustro per decenni.
Il russo medio è ancora dispiaciuto per il boicottaggio occidentale a Mosca 1980, con il conseguente fallimento di quella edizione. In epoca sovietica l’organizzazione delle Spartachiadi aveva già dimostrato l’attrazione del Paese slavo verso le competizioni internazionali.
In quest’ultimo aspetto non c’è nulla di male. L’importante, però, è che le vittorie negli stadi non servano da combustibile per l’ennesima bieca ondata di nazionalismo e di xenofobia. Gli ultimi, in ordine di tempo, fatti di sangue sono un preoccupante campanello d’allarme.
Certe follie mettono in pericolo le stesse fondamenta della convivenza tra un centinaio di etnie russofone diverse, appartenenti a differenti confessioni religiose fra loro, e l’ospitalità nei confronti di ex “fratelli sovietici”.
A differenza di quanto potrebbe in apparenza sembrare, Sochi 2014 non è un’Olimpiade di popolo, come era stata – con tutti i suoi limiti – Mosca 1980. I turisti nazionali ed anche quelli stranieri paiono degli intrusi ad una festa altrui, degli ignari spettatori di un programma, il cui canovaccio è già stato scritto. Semplificazioni per i visti non ve ne sono state né tantomeno sono pronte strutture alberghiere alla portata dei portafogli meno pieni di banconote.
L’edizione sul mar Nero è prettamente un evento mediatico, facile da controllare per evitare sorprese.
Giuseppe D’Amato
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