Il tempo delle operazioni militari sta finendo per l’avvicinarsi dell’inverno; è venuta l’ora di una tregua fra gli ucraini; Mosca si prepari ad un serio negoziato.
È questo il messaggio recapitato a Kiev personalmente da Angela Merkel prima del summit a Minsk tra europei ed ex sovietici. In estrema sintesi, le parti in causa facciano un passo indietro e diano una chance alla pace. I presidenti russo Putin e ucraino Poroshenko avranno l’occasione di parlarsi a quattr’occhi o alla presenza di mediatori. Che sfruttino l’occasione!
La cancelliera tedesca è stata chiarissima. Primo: l’Ucraina ha bisogno di “decentralizzare i poteri dello Stato” in modo da fornire garanzie alle regioni dell’Est, popolate da una maggioranza russofona. Secondo: Berlino e l’Unione europea doneranno “500 milioni di euro per l’immediata ricostruzione”. Terzo: non verrà riconosciuta l’annessione della Crimea da parte del Cremlino. Quarto: se la situazione non migliorerà rapidamente “non sono escluse nuove sanzioni” contro la Russia, alla quale non verranno fatte concessioni, poiché la crisi è troppo pericolosa. Nelle settimane passate la Merkel ha definito Putin un uomo che vive “in un altro mondo”.
Berlino è in realtà preoccupata che con l’approssimarsi della stagione fredda Mosca possa iniziare a giocare con le forniture del gas. L’Unione europea dipende per un 30% circa del suo fabbisogno dalla russa Gazprom. Approssimativamente l’80% di questi approvvigionamenti transitano in Ucraina. Per ora le reazioni anti-occidentali del Cremlino sono state spuntate e ad uso della propaganda interna.
Sul piano militare i governativi di Kiev hanno riconquistato gran parte delle due regioni ribelli, costringendo i separatisti ad asserragliarsi nelle tre città di Donetsk, Gorlovka e Lugansk. Non riescono per ora solo a sigillare la frontiera per evitare l’arrivo di uomini freschi e armi in soccorso.
Kiev non pare, tuttavia, avere unità speciali sufficienti per snidare in fretta nei centri urbani quelle poche migliaia di guerriglieri delle due Repubbliche popolari presenti.
E il tempo, adesso, gioca contro di lei: l’autunno e il rigido inverno sono alle porte. Gran parte della popolazione è fuggita dalle zone del conflitto: la sua stragrande maggioranza è ospite di parenti o amici; in percentuale in pochi sono nei campi profughi. Le vacanze, forzatamente cominciate a giugno, devono finire, anche perché i soldi iniziano a scarseggiare.
La gente, sia a Lugansk che a Donetsk, non ne può più: vuole la fine della guerra civile. I pochi che avevano dimostrato supporto per i separatisti, si sono diradati. I ribelli stanno distruggendo le infrastrutture per provocare una crisi umanitaria, che, per il momento, non esiste a Donetsk, ma si intravede a Lugansk città. Quella è una delle poche carte restate loro in mano.
A Minsk, in conclusione, vi sarà il tentativo di trovare una soluzione, facendo uscire tutti dalla crisi con la faccia pulita…o quasi.
Giuseppe D’Amato
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