Ogni tanto l’opinione pubblica internazionale scopre l’esistenza di un qualche summit informale che immancabilmente si trasforma in un’ottima occasione per i leader per parlarsi a quattr’occhi al di fuori delle camice di forza rappresentate dalle istituzioni mondiali e dalle visite di Stato.
E’ in queste occasioni che realmente si pongono le basi per la soluzione di questioni spinose e si architettano alleanze più o meno formali da utilizzare successivamente.
A momenti, a Milano, manco gli addetti ai lavori hanno compreso i risultati finali del vertice ASEM Europa – Asia. I leader principali presenti non hanno parlato altro che della crisi ucraina oltre che di problemi bilaterali.
Soltanto prossimamente, quindi, sapremo se l’ASEM avrà fatto centro. A Bruxelles europei – russi ed ucraini dovrebbero chiudere l’eterna partita sulle forniture di gas a Kiev. Il che significherebbe un inverno di stabili approvvigionamenti russi al Vecchio Continente.
E’ bastata la minaccia di Putin, lanciata dalla Serbia, sul pericolo imminente per le consegne di metano per ammorbidire gli europei, che tuttavia non alleggeriranno le sanzioni contro Mosca.
Ma intanto la Russia porta a casa “cash” fresco, vitale in un momento in cui il rublo sta colando a picco, il Pil è vicino alla recessione e le riserve di valuta si sono assottigliate di 50 miliardi di dollari in pochi mesi. Ecco cosa sta costando la campagna di difesa del “cortile ex sovietico” e la mancata riforma dell’economia federale troppo dipendente dal prezzo del petrolio.
A Milano la cancelliera tedesca Angela Merkel era furente per l’ennesimo sgarbo subito dal capo del Cremlino, cronicamente in ritardo. L’incontro bilaterale giovedì sera è stato prima cancellato, poi riorganizzato in fretta e furia per evitare un incidente diplomatico. Questi screzi tra leader sono uno dei punti per comprendere alcune logiche che hanno provocato la crisi ucraina.
I russi continuano a credersi giocatori centrali nel nuovo mondo della globalizzazione, dimenticandosi che i tempi della Guerra Fredda sono finiti da un pezzo ed il loro peso economico-finanziario a livello di Pil è più o meno pari a quello di un Paese come l’Italia.
La differenza nella crisi ucraina è stata finora fatta dalle forti motivazioni di Mosca rispetto a quelle più fiacche euro-americane. Putin si gioca il suo futuro politico, la Russia la sua posizione dominante nell’ex Urss. Bruxelles difende i principi ed il diritto internazionale. Gli ucraini sono invece le vittime sacrificali in questa partita geostrategica.
L’Ue vorrebbe prendere sotto controllo la frontiera russo-ucraina attraverso la quale passano i rifornimenti ai separatisti del Donbass. In un certo senso si duplicherebbe la missione EUBAM, che è presente da anni sul confine ucraino-moldavo dalla parte della repubblica della Transnistria. Figuriamoci, se in questo momento – con elezioni in Ucraina e forse in Donbass – i filo-russi accetteranno la proposta.
Ed in ultimo. Se i separatisti dell’Est terranno loro elezioni il 9 novembre la Merkel già ha promesso fuoco e fiamme. Conclusione: in Ucraina si va verso uno scenario da conflitto congelato, ma non per il freddo!
Giuseppe D’Amato
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