I “Muri” non sono più militari ed ideologici come ai tempi della Guerra Fredda, ma soprattutto economici,
politici ed energetici. L’Europa
centro-orientale si è letteralmente svuotata e, globalmente, secondo alcuni
studi, ha perso, dal 1989, 24 milioni di
abitanti.
Se la Russia con Mosca e San Pietroburgo in testa ha vissuto all’inizio
del secolo un boom impressionante collegato con l’aumento astronomico dei
prezzi delle materie prime per poi cadere in una profonda crisi dopo il 2014,
la Polonia è cresciuta enormemente
grazie all’adesione all’Unione europea del primo maggio 2004. Il suo Pil ha
compiuto passi in avanti significativi, facendo ottenere oggi a Varsavia il quinto posto tra le economie
comunitarie.
Le repubbliche
baltiche sono sopravvissute ad una realtà socio-economica complessa,
cercando di tenersi lontane dall’abbraccio della vicina Mosca. Dal 2007 Romania e Bulgaria restano il fanalino
di coda in numerosi campi tra i Ventisette.
L’Ucraina,
al contrario, ha realizzato una vera e propria “rivoluzione” geostrategica,
segnando un divorzio storico dalla “Grande
Madre” russa. In estrema sintesi, il Polo continentale dell’Ovest
attrae molto più che quello dell’Est. Kiev sogna di seguire il medesimo
percorso positivo di Varsavia dopo il 1989. E nel frattempo la sua “forza
lavoro” (un milione di migranti legali ed un altro milione di stagionali) è la
“benzina” segreta dell’ascesa economica
polacca, nel 2018 Pil a 5,1%.
Oggi la linea di demarcazione –
che al tempo della Guerra Fredda correva in Germania, Cecoslovacchia e nei
Balcani – è arretrata di un migliaio di chilometri circa fino al confine tra la
Russia, l’Ue e l’Ucraina.
Gda
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.