Ucraina, democrazia europea.

8 Feb 2010

 L’Ucraina è diventata una vera democrazia europea. Questo il reale responso del tesissimo ballottaggio tra Viktor Janukovich e Julija Timoshenko. Kiev dimostra di essere una degna capitale del Vecchio continente. Viene ulteriormente rimarcato il dispiacere per il mancato inserimento dell’ex repubblica sovietica come membro dell’Ue, considerando soprattutto i risultati desolanti dell’allargamento del 2007 a Romania e a Bulgaria. Almeno così si sarebbero messe in sicurezza le rotte per le forniture delle materie prime, anche se si sarebbero ereditati altri grattacapi non da poco.

 “Queste sono state un impressionante esempio di elezioni democratiche – ha evidenziato in una sorta di imprimatur il capo degli osservatori dell’Osce, il portoghese Soarez -. E’ l’ora che chi ha perso lo ammetta”. Una volta che sono state approntate misure contro i brogli – che l’avevano fatta da padrone nel 2004 – le operazioni di voto sono state regolari.

 L’Ucraina è, quindi, oggi la maggiore democrazia dello spazio ex sovietico. Le radici storico-culturali-giuridiche di quello che fu lo Stato lituano-polacco non si sono, per fortuna, perdute nella notte dei tempi. E come nel Seicento Kiev fu la piattaforma per l’occidentalizzazione della Russia, avvenuta qualche decennio dopo con Pietro il grande, adesso si propone come modello da seguire. Perlomeno all’interno del mondo ex sovietico, in lento ed implacabile movimento verso ovest, se i “nipoti di Lenin” non vogliono essere fagocitati dalla neo superpotenza cinese.

 Lo sconfitto della “rivoluzione arancione” diventa così presidente con 5 anni di ritardo. Viktor Janukovich ha compiuto un autentico miracolo. Da imbroglione certificato nel 2004 è ora un leader eletto dal popolo. Julija Timoshenko si è meritata l’onore delle armi, visto il recupero messo a segno. Il 17 gennaio aveva 10 punti di ritardo. Solo 700mila voti, un’inezia, l’hanno costretta alla resa. L’importante è che i due litiganti si mettano ora a collaborare per il bene del Paese, in preda ad una gravissima crisi economica, e non si lancino in inutili faide.

 Non devono soprattutto dimenticare l’incredibile importanza geostrategica acquistata dall’Ucraina dopo il ‘91. Janukovich, che utilizza consiglieri americani, non è un filo-russo e non andrà verso Mosca. Anzi rappresenta interessi dell’imprenditoria nazionale in pieno contrasto con quelli degli ingombranti vicini.

 Il neo-presidente giocherà la carta della presentabilità e della stabilità sia con il Cremlino che con Bruxelles. Senza un accordo tra fornitori e clienti, pensa giustamente Janukovich, Kiev rischia di perdere peso geostrategico. Russi ed europei hanno già messo in piedi due progetti per la costruzione di oleodotti (South Stream – con l’italiana Eni capocommessa – e Nabucco) che bypassino l’ex repubblica sovietica. La loro spesa è astronomica e la materia prima per tutte e due le pipeline manca. Un garante a Kiev degli approvvigionamenti tra Est ed Ovest costa certamente meno.

 

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