The referendum was organized to choose a new Constitution. The interim government hopes it will legitimise its power until new parliamentary elections in autumn. If approved, Kyrgyzstan will become the first parliamentary republic in former Soviet Asia.
The country is home to a Russian and a US military bases. Washington established its air base at the Manas international airport near Bishkek in late 2001 to support military operations in Afghanistan. Former President Bakiyev threatened to close it in October 2008 after agreeing to a Russian loan. He reversed the decision when the US agreed to more than triple its annual rent for the base.
Weeks later Kyrgyzstan tentatively agreed to allow Russia to open a second military base on its territory, apparently expanding Moscow’s military reach to balance the US presence.
Earlier in June several hundred people died in clashes between ethnic Kyrgyz and Uzbeks in the south of the country.
Questions and Answer, BBC, June 27th 2010
Ennesimo litigio tra Mosca e Minsk con l’Europa a farne le spese. Chi tra i due contendenti abbia ora ragione non è facile stabilirlo. Gli uni pretendono il pagamento del gas consumato, gli altri quello dei diritti di transito.
Per ragioni politiche e geostrategiche, per oltre un decennio, il prezzo degli approvvigionamenti energetici russi a Minsk è stato di favore, quasi quello che pagano le regioni della Federazione. Su questo vantaggio non da poco, il presidente Lukashenko è riuscito ad evitare il crollo industriale-economico degli anni Novanta in Bielorussia e a dare stabilità al suo Paese.
Le cose sono cambiate dopo la “rivoluzione arancione” pro-occidentale in Ucraina nel 2004. Il Cremlino, attraverso la Gazprom, è passato all’incasso, provocando la rabbia di Lukashenko, che l’amministrazione Bush ha definito “l’ultimo dittatore” d’Europa. In sintesi, non più rapporti alla sovietica, quasi completamente basati sul barter, ma contatti pagati con soldi sonanti a prezzi di mercato o quasi.
La Bielorussia vive un momento particolare: il prossimo anno sono previste le elezioni presidenziali e l’economia ha subito i colpi della recessione internazionale. Lukashenko aveva chiesto di saldare alcuni pagamenti in macchinari, ma il collega Medvedev gli ha risposto pubblicamente in maniera considerata da Minsk sprezzante. “Scusate – ha evidenziato il leader bielorusso -, ma quando iniziano ad umiliarci noi ci offendiamo. Così non si deve permettere di comportarsi un presidente di un Paese amico, un presidente che dirige in pratica lo stesso popolo”.
Quindi se la Gazprom ha tagliato i rifornimenti del 30% fino all’85% del gas consegnato, Minsk ha colpito il “tallone d’Achille” russo, ossia ha sospeso il passaggio di gas russo verso ovest. Sul suo territorio transita, però, in realtà solo il 20% circa del totale degli approvvigionamenti al Vecchio Continente. E poiché uno dei due gasdotti, Jamal-Europa, è controllato dai russi la decisione di Minsk riguarda solo il 6,25% dei volumi totali all’Ue. I disagi saranno, perciò, minimi. Lukashenko ha un’arma spuntata, ma può dar fastidio lo stesso oggi. Sa perfettamente che i russi stanno costruendo un gasdotto sotto al Baltico insieme ai tedeschi, il Nord Stream, che verrà terminato nel 2011. La Bielorussia vedrà così la sua rilevanza strategica ridursi.
L’anno scorso i due Paesi fratelli si affrontarono nella guerra del petrolio con relativo blocco di oleodotti. Il contendere era il privilegio dei bielorussi di rivendere il greggio russo sul mercato internazionale senza pagare dazi a Mosca. Minsk, alla, fine fu costretta a cedere.
Ma gli screzi e le querelle non finiscono qui. Lukashenko è irritato dalla posizione egemone del Cremlino nella neo-nata Unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakhstan). Non gli è chiaro quali imposte verranno cancellate e a chi. Indirettamente si è reso conto che, dopo 16 anni di presidenza, Mosca lo vuole probabilmente scaricare se troverà un altro leader di sua fiducia. Al duo Medvedev-Putin non è piaciuto la concessione dell’asilo politico all’ex capo di Stato kirghiso Bakiev.
L’Unione europea si trova, pertanto, coinvolta in uno scontro altrui. Dare forza al suo programma “Partnership orientale” con Minsk sarà in futuro probabilmente l’unico modo per evitare sgradevoli sorprese.
While the country is far from being a democracy, its cultural scene is beginning to instigate change.
Article – Deutsche Welle.
С лета 1990 года в Киргизии, да и в бывшем СССР в целом поменялось почти все. Но причины нынешней бойни те же самые, что и у трагедии эпохи распада Советского Союза.
Юг Киргизии не Афганистан образца 1979 года. Но определенное сходство налицо. В Киргизию легко войти. Но может оказаться, что оттуда довольно проблематично выйти.
Статья – Михаил Ростовский – МК
Suona fortissimo l’allarme nelle cancellerie ex sovietiche ed in molte occidentali. Il Kirghizistan è sull’orlo della guerra civile. Il presidente kazakho Nazarbaiev pone i problemi del vicino al primo posto della sua agenda. I russi si stanno mobilitando, i cinesi lanciano appelli alla calma. Alcuni esperti indipendenti non escludono il prossimo intervento di truppe del patto di Shanghaj (di cui fanno parte 5 repubbliche ex sovietiche oltre alla Cina).
Il governo di Bishkek ha decretato lo stato di emergenza ed il coprifuoco nella regione di Osh, dove si sono registrati, nella notte tra giovedì e venerdì, gravissimi scontri interetnici tra kirghisi ed uzbechi, ed ha dispiegato truppe corazzate anche se in numero insufficiente. Dopo l’apparente calma della giornata di venerdì, col buio gli scontri interetnici sono ripresi, mentre le forniture di energia elettrica e gas sono state interrotte. Sabato si è sparato all’impazzata, mentre in numerosi quartieri sono apparse le barricate. Disordini sono avvenuti, sabato, anche nella capitale distante 600 chilometri dall’epicentro degli scontri. Domenica l’Esecutivo kirghiso ha dato ordine alle truppe fedeli di sparare per uccidere su chi gira armato.
Osh è letteralmente divisa in due: l’est kirghiso, l’ovest uzbeco. Decine sono i morti accertati e quasi un migliaio i feriti. Si combatte anche in altre località del sud del Paese asiatico, ma le notizie sono estremamente frammentarie. Migliaia di profughi si sono assiepati alla frontiera con l’Uzbekistan nel tentativo di fuggire. L’Esecutivo provvisorio a Bishkek ha chiesto ufficialmente alla Russia aiuto e l’invio di unità di paracadutisti.
Il Cremlino teme di impelagarsi in uno scontro interetnico, ma comprende la gravità della situazione. Dalla valle di Ferganà si controlla l’accesso all’Asia centrale dalle zone montagnose del sud, dall’Afghanistan. Nel 1990 ad Osh si ebbe un massacro le cui conseguenze furono a fatica controllate dall’Urss di Gorbaciov. Lunedì 14 è stata indetta una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dei Paesi del patto di Shanghaj.
La leader provvisoria kirghisa Otunbaieva denuncia il tentativo di evitare il referendum costituzionale del 27 giugno. Ma l’indigesto cocktail di problemi socio-economici irrisolti – mischiati a questioni interetniche e politiche – rischia di far esplodere l’intera Asia centrale.
Articolo – EuropaRussia – 9 aprile 2010. Situazione fuori controllo – YouTube.
Aggiornato 13.06.2010 – h.19,00 Mosca
Nel corso del 1989 in Kirghisia nacquero diverse società di costruzioni che miravano ad ottenere terre da edificare attorno alla capitale Frunze (Bishkek) ed alle altre principali città del Paese. Ad Osh la principale compagnia era la “Oshaimagy”, che, il 7 maggio 1990, chiese di poter disporre dei terreni facenti parte del kolkoz “Lenin”, in gran parte appartenente a lavoratori uzbechi.
Come tutta risposta gli uzbechi chiesero di poter costituire un’autonomia locale uzbeca e la concessione dello status di lingua di Stato all’uzbeco.
Il 4 giugno bande di kirghisi ed uzbechi si scontrarono sulle terre contese del kolkoz. La polizia aprì il fuoco. Ad Osh iniziarono subito disordini: saccheggi, incendi, violenze generalizzate contro gli uzbechi. Lo stesso accadde nella città di Uzgen ed in numerose zone rurali. Solo il 6 giugno le truppe sovietiche riuscirono a riportare l’ordine. In precedenza era stato fermato l’arrivo da alcuni villaggi uzbechi l’arrivo di facinorosi.
Secondo le sottostimate cifre ufficiali negli scontri morirono circa 300 persone, oltre un migliaio i feriti, centinaia le case distrutte. Gli studiosi indipendenti ritengono che il numero esatto di vittime sia di 5-6 volte superiore.
После нескольких лет железнодорожной блокады, представители российских, украинских и молдавских железных дорог подписали протокол о намерениях, согласно которому было возобновлено движение этих пассажирских поездов через Тирасполь.
Статья – «Новый Регион»
Со дня вспышки боевых действий между Россией и Грузией минуло уже 22 месяца, но отношения двух стран так и не вошли в какую-либо понятную колею. Однако, президент Союза грузин в России Михаил Хубутия оптимист по поводу будущего отношений России и Грузии.
Статья – Михаил Ростовский – Газета “Московский Комсомолец”
Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets
Выделены финансовые средства для реализации различных проектов в странах-участницах, разработаны соглашения о свободной торговле в форматах соглашений об ассоциации.
ЕС обсуждает варианты новых схем сотрудничества с СНГ. В отдаленной перспективе все это должно привести к интеграции ЕС и стран СНГ на большом евразийском пространстве
Статья – Независимая Газета 14.05.2010
Экономический кризис и конфликты с руководством России никак не отразились на популярности белорусского президента. В родной Беларуси Лукашенко продолжает пользоваться неизменной поддержкой населения.
Статья – БДГ Деловая Газета – Минск
The West and Russia.
Key excerpts from the interview.
“Everyone is waiting for next year’s presidential elections… West has halted all movement and is waiting for them… We expected more…The West doesn’t like our course and doesn’t like the current president — that’s all there is to it. Let’s be honest. But the president is elected by the people, not by the West. The sooner the West understands that, the faster we will build normal relations”.
“…recently the Russian leadership has wanted to build absolutely pragmatic relations with Belarus…Unilateral pragmatism, introducing duties on oil and oil products for one member of the Customs Union, Belarus, and not for another, Kazakhstan, smells like corruption at a minimum…”
Interview by Reuters May 4th, 2010
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.