Military


 “After decades of importing and reverse-engineering Russian arms, China has reached a tipping point: It now can produce many of its own advanced weapons—including high-tech fighter jets like the Su-27—and is on the verge of building an aircraft carrier…Now, China is starting to export much of this weaponry…China is developing weapons systems, including aircraft carriers and carrier-based fighters, that could threaten Taiwan and test U.S. control of the Western Pacific.” 

Article – Wall Street Journal December 5th, 2010.

 Primi passi concreti verso un mondo più sicuro. Gli ex nemici della Guerra Fredda iniziano seriamente a collaborare tra loro. L’intesa politica tra Nato e Russia si appoggia principalmente su due elementi: sviluppo comune di un mini-Scudo regionale; aiuto nel disinnescare la mina afghana.

 Ma prima la nuova Concezione strategica della Nato la cui definizione – come ha candidamente ammesso in conferenza stampa a Lisbona il presidente Medvedev – Mosca ha seguito nei mesi scorsi con estrema “attenzione”. Nel documento si legge che l’Alleanza atlantica “non rappresenta una minaccia per la Russia”, anzi “cerca con lei cooperazione”. Questa collaborazione è “strategicamente importante, poiché contribuisce alla creazione di un comune spazio di pace, stabilità e sicurezza”.

 Il capo del Cremlino ha dichiarato che complessivamente nella Concezione strategica della Nato si esprimono bene i nuovi rapporti con il suo Paese. La speranza russa è che questo momento positivo nelle relazioni Est – Ovest non sia un semplice “venticello” passeggero come già avvenuto in altre occasioni in passato.

 Ecco perché Mosca ha accettato le offerte occidentali di cooperazione, ma non si fida più di tanto. La principale preoccupazione è rappresentata dalla complessa ratifica dello Start da parte del Senato Usa. “Faremo le cose in maniera simmetrica”, ha ammonito Medvedev, che ha sottolineato come il mancato voto favorevole al trattato dei parlamentari statunitense “non renderà il mondo più sicuro”.

 Veniamo al mini-Scudo. Ormai non si parla più, come ai tempi di Bush, di Scudo spaziale strategico, quello per intenderci contro i vettori a lungo raggio, ma di difese anti-missilistiche regionali contro minacce portate da piccola e media distanza. La Nato ha inviato a Mosca, alcune settimane fa, i suoi esperti per definire tecnicamente come unire il proprio sistema con quello russo. Nei prossimi mesi il lavoro proseguirà con ufficialmente la benedizione del duo Medvedev-Putin.

 Le cose non vanno troppo bene in Afghanistan, dove, da anni, la Nato sta levando le castagne dal fuoco alle repubbliche ex sovietiche. Anche durante le settimane più oscure della crisi tra Bush ed il Cremlino la Russia non ha mai cancellato il permesso di transito di materiale logistico alleato verso l’Asia centrale.

 Invero Mosca da quelle terre sfortunate non ha mai distolto l’attenzione. Ad iniziare dall’autunno ’96 dopo che i talebani presero il potere a Kabul. Il Cremlino convocò una riunione d’emergenza delle repubbliche ex Urss asiatiche per organizzare la difesa dello spazio ex sovietico. I successivi attacchi islamici in Tagikistan, Kirghizistan ed Uzbekistan e le infiltrazioni in Caucaso settentrionale le diedero ragione.

 Adesso che è stata annunciato l’inizio di una “exit-strategy” dall’Afghanistan dal 2011 al 2014 la preoccupazione nell’ex Urss torna a salire. Una voce, che si rincorre, è che qualcuno in Occidente pensi addirittura di ripassare il boccone avvelenato afghano al Cremlino. Medvedev ha ricordato come la situazione interna di quel Paese “rappresenta una minaccia per il mondo circostante”.

 Tornando a Lisbona, dove è stata a più riprese utilizzata la parola “partner”, i russi hanno concesso ufficialmente maggiore libertà di transito per il rientro delle truppe Nato tra il 2011 ed il 2014. Ma gli occidentali si aspettano un ruolo molto più attivo del Cremlino.

 Certo è che se la Russia vorrà rimanere una potenza regionale dovrà fare la sua parte anche nei teatri scomodi. Il problema è se l’ex superpotenza ha dentro di sé la forza morale e materiale per un tale compito.

Giuseppe D’Amato

NATO Strategic Concept.

US President Barack Obama:  the agreement “responds to the threats of our times”.

“For the first time, we have agreed to develop a missile defence capability that’s strong enough to cover all NATO European territory and populations, as well as the United States.”

The document commits NATO members “to defend one another against attack, including against new threats to the safety of our citizens”, without defining a geographical limit to its theatre of operations. The alliance would also seek to “create the conditions” for a world without nuclear weapons, but until that goal was in sight would remain a nuclear-armed organisation.

Polish President Bronislaw Komorowski called the new NATO strategic concept as  “satisfactory for Poland”.

Russia.

German Chancellor Angela Merkel: “A former military adversary is now clearly a partner.”

US President Barack Obama: “We look forward to working with Russia to build our cooperation with them in this area (anti-missile Shield) as well recognizing that we share many of the same threats.”

Ratification of the new START weapons treaty.

Obama: “Those who would block this treaty are breaking President Reagan’s rule — they want to trust, but not verify.”

* * *

From the NEW official NATO Strategic Concept.  – NATO and RUSSIA –

* PAGE 5. We will actively seek cooperation on missile defence with Russia and other Euro-Atlantic partners;

* PAGE 7-8. In any future reductions, our aim should be to seek Russian agreement to increase transparency on its nuclear weapons in Europe and relocate these weapons away from the territory of  NATO members. Any further steps must take into account the disparity with the greater Russian stockpiles of short-range nuclear weapons.

* PAGE 10 – POINT 33 NATO-Russia cooperation is of strategic importance as it contributes to

creating a common space of peace, stability and security. NATO poses no threat to Russia. On the contrary: we want to see a true strategic partnership between NATO and Russia, and we will act accordingly, with the expectation of reciprocity from Russia.

* PAGE 10 – POINT 34 The NATO-Russia relationship is based upon the goals, principles and

commitments of the NATO-Russia Founding Act and the Rome Declaration, especially regarding the respect of democratic principles and the sovereignty, independence and territorial integrity of all states in the Euro-Atlantic area. Notwithstanding differences on particular issues, we remain convinced that the security of NATO and Russia is intertwined and that a strong and constructive partnership based on mutual confidence, transparency and predictability can best serve our security. We are determined to:

• enhance the political consultations and practical cooperation with Russia in areas of shared interests, including missile defence, counter-terrorism, counter-narcotics, counter-piracy and the promotion of wider international security;

• use the full potential of the NATO-Russia Council for dialogue and joint action with Russia.

 Ufficiali della Flotta contro l’Ammiragliato. Sembra di essere tornati ai tempi delle rivoluzione del 1917. L’oggetto del contendere è il leggendario incrociatore Aurora (Avrora in russo), che con una sua salva segnò l’inizio dell’assalto al Palazzo d’inverno. Duecento ufficiali hanno persino scritto una lettera al presidente Dmitrij Medvedev per chiedere un suo intervento. L’ammiraglio Vladimir Vysotskij ha firmato l’ordine con cui si cancella l’imbarcazione dall’elenco delle unità della Flotta e la si trasforma in filiale del museo marittimo-militare di San Pietroburgo. Dal primo dicembre i marinai imbarcati, compresa la guardia d’onore, dovranno essere trasferiti e lasciare il loro posto al personale civile.

 Da anni si discute di cosa fare della mitica unità “numero 1”, parcheggiata sul fiume Nevà davanti all’Ermitage. Tante le proposte su cui l’opinione pubblica si è confrontata. L’accelerata all’ultima scelta dell’Ammiragliato è venuta dopo la scandalosa festa per Vip, a cui parteciparono numerosi membri del mondo politico, degli affari e dello spettacolo nel giugno 2009. Senza alcun permesso, come evidenziarono alcuni giornali, sull’imbarcazione venne organizzata una vera e propria baccanalide.

 Le reazioni indignate delle generazioni più anziane e dei nostalgici comunisti furono veementi e tra l’imbarazzo generale proseguirono per settimane tanto da provocare l’apertura di un fascicolo da parte della Procura. In questi giorni il deputato federale del Pc Nikolaj Kharitonov ha ricordato a tutti che gli organizzatori di quella “mega-ciucca di oligarchi e burocrati” non sono stati ancora puniti. Si teme che l’unità navale, con un nuovo status giuridico, possa essere più facilmente utilizzata dai potenti di turno per eventi mondani.

 La mitica Aurora è un vanto per l’Accademia militare “Nakhimov” di San Pietroburgo e i suoi cadetti vengono educati nell’orgoglio per un passato storico così importante. Vedere ammainare per sempre la bandiera di Sant’Andrea sarebbe per loro un colpo durissimo da digerire. “San Pietroburgo – si legge nella lettera inviata al Cremlino – deve mantenere le sue tradizioni marinare”. E l’Aurora, uno dei siti turistici più visitati in Russia, rappresenta la continuità tra il passato glorioso ed un futuro davvero incerto.

 La tanto attesa crisi diplomatica tra Russia e Giappone è alla fine scoppiata. Dopo non pochi tentennamenti e ritardi il presidente Medvedev si è recato in visita a Kunashir nelle Curili meridionali e Tokyo, come risposta, ha richiamato il proprio ambasciatore da Mosca. I prossimi colloqui tra lo stesso Medvedev ed il premier nipponico Kan non sono, però, in pericolo, hanno affermato fonti ufficiali giapponesi. Il giovane capo del Cremlino è stato il primo leader russo a decidersi a tale passo.

 Da anni sullo scoglio delle Curili, occupate dall’Armata Rossa nel 1945, si infrangono le relazioni tra i due Paesi. I giapponesi definiscono quelle terre i loro territori settentrionali. “Formalmente è vero che non è stato firmato un trattato di pace a conclusione della Seconda guerra mondiale tra Mosca e Tokyo – asserisce Anatolij Koshkin, uno dei maggiori esperti dell’argomento, – ma la Dichiarazione comune del 1956 lo sostituisce di fatto”. Allora, nel documento provvisorio vennero definiti tutti i classici punti di un trattato di pace, tranne la questione dei confini. In “segno di buon volontà” il Cremlino era disponibile a “consegnare” due isole contese (il 6% del totale), mantenendo il controllo delle altre due maggiori.

 Il ministero degli Esteri nipponico ha pubblicato un documento in cui fornisce le proprie ragioni. In particolare si dice che queste terre storicamente non appartennero mai alla Russia. I russi, però, controbattono tesi su tesi.

 L’89% dell’opinione pubblica russa è contraria a fare qualsiasi concessione ai giapponesi, poiché così verrebbero rivisti gli esiti della Seconda guerra mondiale. Tokyo non dimentica che le Curili vennero occupate dopo che il conflitto era finito ed i suoi abitanti (17mila) espulsi da Stalin. L’orgoglio nazionale ferito nipponico chiede una soluzione. I giapponesi hanno una sensibilità diversa da quella degli europei, che combatterono per secoli per definire i confini. Per loro è inconcepibile dover rinunciare a parte del territorio nazionale. Le due parti, però, non si sono mai potute accordare per numerose ragioni. La principale è di carattere militare.

 Anche nell’ultimo scontro tra Mosca e Tokyo gli Stati Uniti hanno sostenuto gli alleati giapponesi con cui il presidente Obama dovrà rivedere alcuni capitoli dei rapporti bilaterali dopo le elezioni di midterms. Washington pare voler rinsaldare le proprie relazioni con Tokyo e Seul per meglio contenere Pechino.

Giuseppe D’Amato

 Fine Parte 3/3. – serie “L’eredità della Seconda guerra mondiale”. A 65 anni dalla sua conclusione. In EuropaRussia.

 Впервые в крупномасштабном мероприятии участвовали одновременно специалисты Федеральной службы исполнения наказаний России, МВД Афганистана и комитета по борьбе с наркотиками США. В операции участвовали девять вертолетов коалиционных сил. Как заявил глава российского ФСКН Виктор Иванов, по афганским наркобаронам был нанесен сокрушительный удар.

 СтатьяМосковский Комсомолец № 25488 от 29 октября 2010 г. Михаил Ростовский 

Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets

 Se qualcuno pensa che Grozny assomigli a Stalingrado dopo la fine della famosa battaglia campale si sbaglia di grosso. La capitale cecena è oggi uno dei centri più moderni della Russia, niente a che vedere con le sfortunate repubbliche vicine. Praticamente quasi nulla ricorda le recenti passate tragedie che provocarono rovine e lutti in numero impressionante. Capitali imponenti sono giunti da Mosca, dalla diaspora cecena all’estero e dai Paese “amici” islamici moderati, per porre le fondamenta della pacificazione russa. Una grandiosa moschea, a scanso d’equivoci, troneggia sul corso principale dedicato a Vladimir Putin, che ha scelto Ramzan Kadyrov come “uomo forte” dell’ex regione ribelle.

 Ed è proprio il pro-console di Mosca, accusato da varie ONG di violazioni dei diritti umani, il vero obiettivo dell’ultima azione suicida al Parlamento ceceno che ha avuto come prologo in agosto l’attacco fallito al suo villaggio natale, Tsenteroj. A Grozny era in programma una sessione congiunta dei deputati locali con una cinquantina di colleghi provenienti dagli Urali. Il ministro degli interni federale Nurgaliev era anche lui in città.

 I terroristi dell’ultima generazione, ormai ridotti a poche centinaia e con alla testa nuovi capi in cerca di gloria, non potevano certo lasciarsi scappare un’occasione migliore per un attentato clamoroso. E così è stato.

 Due erano gli scopi da raggiungere: proseguire la faida contro i Kadyrov e dimostrare al mondo che il loro clan non controlla la situazione come afferma. Dopo il 2000 Putin ha avuto la sagacia di far diventare il conflitto ceceno da internazionale a locale. Ha vinto la guerra spaccando la società nazionale, tradizionalmente divisa in “teip” (ossia clan), appoggiando i più forti. La catena di vendette tra ceceni, registratasi successivamente negli anni, è stata lunghissima.

 Gli specialisti di sicurezza ritengono che il commando suicida era agli ordini del quarantenne Hussein Gakaiev, “capo del settore di Shalì del fronte orientale”, che avrebbe adottato strategie di combattimento simili a quelle dei talebani afghani.

 Dopo un periodo di relativa tranquillità gli estremisti hanno colpito nello scorso febbraio la metropolitana di Mosca. Una kamikaze è riuscita a suicidarsi, provocando una strage, nella stazione della Lubjanka sotto alla sede dei famigerati servizi segreti. In Russia meridionale quest’anno i terroristi hanno distrutto tra l’altro una centrale idroelettrica e massacrato decine di clienti del mercato di Vladikavkaz.

 Il maggiore pericolo è ora che i terroristi del Caucaso uniscano le forze contro Mosca ed inglobino anche gli “infidi” ceceni, tradizionalmente temuti dai popoli limitrofi. Finora non bisognava confondere la realtà di Grozny e provincia con quella dei vicini, dove la situazione socio-economica e quella dell’ordine pubblico appaiono decisamente più serie per la mancanza di un progetto di sviluppo e di fondi in quantità. La piovra, che unisce politica locale corruzione e criminalità, è difficile da sconfiggere.

At the annual two-day Deauville Summit French President Nicolas Sarkozy, German Chancellor Angela Merkel and Russian President Dmitry Medvedev discussed on how security cooperation between the three nations could be improved.

Earlier, in a report the European Council on Foreign Relations (ECFR) think tank claimed a European security trialogue between the EU, Russia and Turkey would be more effective in tackling conflicts and promoting stability in the problem regions of Eastern Europe and Central Asia. “The idea is that an informal forum with the key players could breathe life back into the formal European security institutions,” Mark Leonard told Deutsche Welle. “One of the reasons that the current institutions are dead-locked is the fact that Russia is questioning their legitimacy.”

“Meanwhile Turkey is frustrated at the short-sighted way that some EU member states are holding up the accession process. It is so difficult to get things done through the formal institutions that Europe’s powers are often acting outside them. This is not good for the EU as we want a continent run through multilateral institutions rather than spheres of influence or the balance of power. The report argues that we should therefore engage with the other players to revitalise these institutions.” “The EU is missing an opportunity to think creatively about a new security architecture and come up with its own initiative on the future of the European order,” Leonard added. 

 In Deauville Dmitry Medvedev announced that he will take part in the NATO summit, scheduled for November in the Portuguese capital, Lisbon. The Northern Atlantic Treaty Organization is expected to use the meeting to unveil plans for a European missile defense shield. “We are now evaluating the idea of this proposal, but I think that NATO itself needs to understand in what form it sees Russia joining this system, what it will bring, in what manner an agreement can be reached, and how to proceed further,” Medvedev said.

“Sevastopol belongs to Ukraine, but hardly anyone here is Ukrainian. Two rival fleets ride at anchor in its majestic harbour. Two rival flags fly from its public buildings… the city has gone from being a sort of Stalinist Sparta, austere and warlike, to a seaside Babylon of pizzerias and nightclubs…. Ukrainians force Russians to turn their back on their language and change their names”.

Article – Daily Mail (UK)

See also : Кому принадлежит Севастополь? EuropaRussia;  Ucraina-Russia. Sebastopoli alla Flotta del Mar Nero per altri 25 anni EuropaRussia.

«Что будут представлять собой учебные центры, которые предлагают создать на территории Киргизии Россия и США, пока не совсем ясно. В американской печати появились сведения только о новой базе Пентагона.

 Соглашение о создании авиабазы ВВС США в аэропорту «Манас» было заключено между Вашингтоном и Бишкеком в декабре 2001 года по мандату ООН для помощи антитеррористической операции «Несокрушимая свобода», которую США проводят в Афганистане совместно с Международными силами содействия безопасности этой стране (ISAF) и боевых операций коалиционных сил.

 У России тоже есть свои интересы в Киргизии. Как геополитические, так и экономические, военно-технические и чисто военные. Недалеко от Бишкека, возле города Кант находится 999-я российская военная авиационная база, где дислоцируются почти полтысячи военнослужащих и два десятка фронтовых бомбардировщиков, штурмовиков, истребителей и вертолетов Су-24, Су-25, Су-27 и Ми-8, а также учебные Л-39. Эти самолеты и их экипажи входят в Коллективные силы оперативного реагирования (КСОР) Организации Договора о коллективной безопасности (ОДКБ).

 Есть у России к Киргизии и другой интерес. Назовем его – деловым. В республике расположено предприятие, которое в советские и постсоветские времена серийно выпускало ракетно-торпедное вооружение для кораблей отечественного ВМФ. Знаменитый завод «Дастан», на акции которого (48 процентов) претендуют российские оборонщики.

 Китай никак не проявил себя во время беспорядков в Бишкеке, Оше и Джалал-а-баде. Только высказал свою озабоченность погромами и гибелью людей. Пекин, готовый смириться с традиционным влиянием Москвы в этом регионе, очень ревниво относится к попыткам закрепиться здесь со стороны Вашингтона»

Статья – Виктор Литовкин – Независимая газета – 17.09.2010

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