Dal primo scandalo planetario virtuale del XXI secolo la diplomazia statunitense esce non bene anche se la tempesta WikiLeaks non ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale nulla che, in realtà, non si sapesse già. Si è avuta soltanto la conferma di quanto giornali ed addetti ai lavori conoscono da anni. Il ficcanaso Assange ha semplicemente servito su Internet il classico “gossip” da “insider”, ossia da gente ben addentro ai fatti.
Che la diplomazia internazionale sia in genere poco trasparente lo sanno anche le pietre. Nel recente passato, ad esempio, alcuni leader jugoslavi degli anni Novanta rivelarono al tribunale de L’Aja le clamorose assicurazioni ricevute da emissari a stelle e strisce in cambio delle loro uscite di scena. Lo stesso avvenne alla fallita conferenza di Rambouillet, che diede luce verde ai bombardieri della Nato per i raid contro Belgrado nel marzo ’99. Prima dell’odierna rivoluzione tecnologica la verità su eventi scomodi non troppo spesso usciva fuori. Chissà perché, quando le luci dei mass media si spegnevano tutto era messo d’incanto a tacere.
Tre sono le vere grandi novità: la fragilità dimostrata dai sistemi di sicurezza degli Stati di fronte ad un hacker capace ed esperto; l’estrema difficoltà globale nella gestione della vorticosa evoluzione tecnologica in atto; la quasi impossibilità di nascondere oggi la verità in un mondo informatizzato.
Un tempo da “Foggy Bottom” sarebbe sparito un dossier, adesso addirittura è stata sottratta l’intera corrispondenza del Dipartimento di Stato Usa. Per compiere un’impresa del genere Assange ha immancabilmente mischiato l’approccio tradizionale, ossia la classica talpa o talpe a Washington, con le sue impressionanti conoscenze tecnologiche. Nei decenni passati sarebbe stato necessario un Tir per portarsi via più di duecentomila documenti. Ora qualche chiavetta flash è più che sufficiente. Ecco, quindi, che l’allarme suona in tutte le cancellerie del mondo, le quali tentano a fatica di minimizzare lo scandalo. Le procedure di messa in sicurezza e di archiviazione dei documenti andranno ovunque riviste soprattutto se in presenza di materiale “classificato”.
Un tempo servivano schiere di specialisti e soldati per portare lo scompiglio in un Paese avversario. Oggi, invece, bastano pochi ben addestrati periti informatici dotati di computer ultramoderni e linee superveloci. Nel 2007, dopo uno scontro politico con i nazionalisti russi, l’Estonia – forse la realtà più tecnologizzata nel Vecchio Continente – è stata attaccata dagli hackers, che hanno paralizzato per giorni la vita nazionale. Non funzionava più niente dalle banche ai telefoni. La Nato ha studiato l’evento, creando unità specializzate alla guerra cibernetica.
Il 2011 sarà un anno in cui i “pirati”, seguendo l’esempio Assange, metteranno certamente alla prova le strutture statali. Chissà, se le amministrazioni hanno già in mano le contromosse.
The dream has become reality. Estonia is now totally part of Europe after Tallinn’s adoption of the Euro. The long path, begun in the Eighties of the 20th century when the Baltic republic was enclosed forcefully in the USSR, has come to the most cheerful happy end.
After getting its independence from the Kremlin in 1991 Estonia started moving westwards away from the dominance of its mighty neighbour. In 2004 Tallinn entered the European Union and NATO. But it was not enough for the young Estonian rulers. “We are at sea in a small boat tied to an ocean liner. In a storm or otherwise, we’d feel better being on board,” explained the Estonian Minister of Finance Jürgen Ligi why his country had decided to become the 17th State to use the common currency.
And without any doubt for the Baltic state of 1.3 million inhabitants, being in the Eurozone club is preferable to uncertainty linked to its outgoing kroon currency and is seen as a way to attract further investment. “In Estonia we are also sure that the euro will support trade,” Prime Minister Andrus Ansip told Reuters, pointing to gains for ordinary people. “Now people are just wasting their money in the currency exchange, why do they have to do that?” he said.
Estonia’s debt and budget deficit are among the lowest in the Eurozone. To meet the common currency entry terms, Ansip’s centre-right government made budget deficit cuts equal to more than 9 percent of GDP. Inflation also fell as the economy contracted nearly 14 percent in 2009 after a pre-crisis boom.
The European Commission raised in its fresh autumn forecast Estonia’s economic growth forecast to 2.4% for the year 2010 and 4.4% for 2011. In 2012 the economy should grow 3.5%.
“The foreign policy goals of Estonia have been to embed itself in as many international organisations and clubs as possible, so that it will never find itself isolated or without friends ever again,” Andres Kasekamp, director of the Estonian Foreign Policy Institute said. “Membership of the Eurozone will not only boost Estonia’s economic prosperity, but will enhance security,” he added.
But there are some sceptics. “Welcome to the Euro Titanic” is their slogan. “We are joining at the worst possible time and cannot be sure the Eurozone will exist in the same form as it does now. Even in 2011 there could be very big changes or reforms,” said lawyer Anti Poolamets, who lead an anti-Euro campaign.
Nessuno si faceva illusioni. Prima fra tutti Michail Khodorkovskij e Platon Lebedev che sapevano in anticipo che sarebbero stati nuovamente condannati, questa volta per frode allo Stato e riciclaggio. L’osservazione “il ladro resti in prigione”, pronunciata da Vladimir Putin alla vigilia della conclusione del procedimento giudiziario, aveva tolto quel 10% restante di incertezza.
Nessun imprenditore od oligarca russo, che ha operato negli anni Novanta, è senza macchia e può tirare la cosiddetta “prima pietra”. Senza paura di sbagliare si può tranquillamente affermare che Khodorkovskij e Lebedev non hanno commesso nulla di diverso da quanto fatto dai loro colleghi in quello stesso complesso primo decennio post sovietico in cui si sono formate e perse fortune gigantesche.
La differenza è che il duo della Yukos non è stato ai patti sottoscritti nella primavera 2000 dai principali magnati russi col Cremlino, anzi è arrivato persino ad offendere Putin. “Misha, fermati”, gli avevano intimato gli amici resisi conto che il giovane presidente era del tutto diverso dal malandato predecessore, Boris Eltsin.
Ed invece il testardo Khodorkovskij, credendosi invincibile, è andato avanti. Voleva entrare in politica ed aveva stretto un rapporto forte con i potenti circoli di Wall Street a cui intendeva vendere il 40% delle ricchezze energetiche dell’ex superpotenza. Conclusione: la Yukos è fallita, mentre Khodorkovskij è finito a cucire guanti nelle patrie galere in Siberia.
Nella storia russa è famosa la corrispondenza tra Ivan il terribile ed il principe Kurbskij. Quest’ultimo, dopo aver sfidato lo zar, era saggiamente fuggito all’estero, da dove si divertiva a stuzzicare con delle missive il potente moscovita, che lo invitava a rientrare in Patria per tagliargli la testa. Khodorkovskij, probabilmente, ha studiato male queste pagine della storia del suo Paese.
Il 2011 è un anno di campagna elettorale per le presidenziali di marzo 2012. Il potere si sarebbe trovato in libertà vigilata l’ingombrante Khodorkovskij, che secondo alcuni specialisti è riuscito a nascondere imponenti capitali e potrebbe voler cercare una rivalsa.
Washington e Berlino fanno bene a sottolineare il passo indietro compiuto dalla Russia sulla strada della democrazia e della costruzione di uno Stato di diritto. Ma finché si edificano gli Stati sulle personalità e non sulle istituzioni si rischiano queste scivolate.
L’Occidente ha bisogno di Mosca per rispondere alle sfide del XXI secolo. A Lisbona le ha proposto un accordo strategico, che se non colto al volo, rischia di far diventare la Russia la periferia della globalizzazione. Conti in sospeso o no, offese oltraggiose ed antipatie, è venuto il momento che anche nella sala dei bottoni moscovita capiscano che c’è un limite alla decenza. Se si vuole essere trattati da pari nel club dei Potenti del mondo bisogna raggiungere perlomeno “gli standard minimi”.
The world is a little bit safer today after the agreement among former foes on the most complex part of the Cold War legacy. The U.S. Senate passed the New START treaty by a vote of 71 to 26 on Wednesday, while the Russian parliament may give its approval to the pact soon. Moscow becomes a real partner to the West and in the next following months will take part in the building up of the regional anti-missile Shield together with the USA and NATO.
The New Start treaty, which will replace its lapsed predecessor Start (Strategic Arms Reduction Treaty), was signed by the two Presidents Obama and Medvedev in April 2010. It trims US and Russian nuclear arsenals to 1,550 deployed nuclear warheads – a cut of about 30% from a limit set eight years ago. The treaty would also allow each side visually to inspect the other’s nuclear capability, with the aim of verifying how many warheads each missile carries.
“Within 45 days after entry into force, we will also then be exchanging our first data for the database under the treaty,” Rose Gottemoeller, US assistant secretary for the Bureau of Arms Control, Verification and Compliance, told. “That’s data on the current status and deployment of our strategic nuclear forces – intercontinental ballistic missiles, submarine-launched ballistic missiles, and bombers,” she said. She also added that the first inspections will take place within 60 days after entry into force of the new START.
The cuts in the arsenals were the easiest part of the negotiated agreement. Americans and Russians take equally important technological and economic benefits from this decision. Old and outdated weapons, which maintenance costs too, will be dismissed. Financial savings will be used for research and development of new weapons.
The New START treaty is “a cornerstone of security for the coming decades,” according to President Medvedev. “The treaty brings our relations with the United States to a fundamentally new qualitative level, to the level of equality, parity, and a balance of interests,” Foreign Minister Sergei V. Lavrov told deputies at the Duma, the Russian low chamber of Parliament.
Japan, the only nation ever to have come under nuclear attack, called the ratification of the START an “important progress” in disarmament efforts by Washington and Moscow. Tadatoshi Akiba, the mayor of Hiroshima, which was destroyed by the world’s first atomic bombing in 1945, said “a world without nuclear weapons” had come “a step closer”, as sought by US President Obama. The USA and Russia send a clear signal on their leadership role against nuclear proliferation.
The first major positive consequence of the ratification of the treaty is the birth of a common regional shield to protect the West and Russia against short-and medium isolated missile launches, as decided at the Lisbon summit in November. The former “rogue States” will need years to develop modern intercontinental carriers. This is one of the reasons why President Obama decided not to follow Bush’s military policy with the development of the strategic Shield in Europe.
The second effect is political. The Kremlin is no more isolated as it was from 2006 to 2009. A fully integrated in the West and the most possible democratic Russia is a guarantee of stability for the entire world.
Giuseppe D’Amato
The main task of all military organizations is to be prepared for hostilities or to create the conditions to get the peace showing their strength. During the Cold War the “balance of terror” guaranteed five decades of stability to the world.
WikiLeaks cables has revealed secret NATO plans to defend Baltics from Moscow. The decision to draft them was taken earlier this year at request of the United States and Germany at the Northern Atlantic Alliance headquarters. The White House also offered to beef up Polish security against Russia by deploying naval and air forces to the region.
In those months Washington and Moscow were toughly negotiating the new START agreement and President Barack Obama was promoting a new approach to the former foes. The 21st century challenges need new solutions and an agreement among the most developed countries is desirable. Negotiations with the Kremlin were successful at last, and Russia was later invited to join a section of the western security system at Lisbon’s summit in November.
It would have been surprising whether the NATO had not prepared plans to protect its allies in Eastern Europe. In the cables it is written that this planning is an “internal process designed to make the Alliance as prepared as possible for future contingencies” and “it is not ‘aimed’ at any other country.” Relationships with Russia began to be strained after Saint Petersburg’s G8 summit in 2006. A cyber-attack on Estonia in 2007 was believed to have originated in Russia, and the war broke out in Georgia a year later. Russia’s foreign ministry said it was “bewildered” by revelations edited by the British newspaper The Guardian, but this kind of reaction is part of the game.
«Конференции Организации по безопасности и сотрудничеству в Европе — события в современном мире все более редкие. Последнее такое мероприятие случилось в Стамбуле аж одиннадцать лет назад.
Пусть в Астану не приехал самый завидный политический “жених” ОБСЕ — президент США Барак Обама. Пусть точно так же поступили высшие лидеры Франции и Англии. Но состав гостей все равно получился вполне внушительный. Ангела Меркель, Сильвио Берлускони, почти все высшие лидеры постсоветских стран — в общей сложности около трех десятков первых лиц различных евразийских стран.
В теории конференция ОБСЕ — вершина общеевропейского политического диалога. На практике это серия монологов, каждый из которых не имеет ничего общего с предыдущим…
Ясно, что на таком “саммите имени Вавилонской башни” никаких конкретно значимых решений не может быть принято в принципе. Но иногда конкретные значимые решения — это еще не все. Сейчас дискуссия о будущем политическом устройстве Евразии фактически монополизирована такими структурами, как НАТО и Евросоюз. Это приводит к весьма неприятным для нас последствиям. Спроси любого западного эксперта о будущей роли Украины и Белоруссии в Европе. Ответ последует незамедлительный: в НАТО могут вступать или не вступать в зависимости от желания. Но в Евросоюзе Минск и Киев будут обязательно!
За год своего председательства в ОБСЕ Казахстан не сделал, да и не мог сделать эту контору по-настоящему сильной организацией. Но по крайней мере встряхнул ОБСЕ, вывел ее из состояния летаргического сна. Ведь до этого в Организации по сотрудничеству и безопасности в Европе по сути мало что делалось».
Статья – Михаил Ростовский – Московский Комсомолец № 25514 от 2 декабря 2010 г. Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets
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«Споры по поводу итогового документа форума были столь бурными, что презентовать его публике лидер Казахстана Нурсултан Назарбаев смог лишь далеко за полночь… Все решения на конференциях ОБСЕ принимаются методом консенсуса. Если кто-то из 56 “пассажиров” чем-то недоволен, паровоз не может лететь вперед… Рожденный в муках итоговый документ саммита оказался предельно общим и размытым…. И вот грустный финал. Выяснилось, что нам гораздо легче разговаривать с западниками на саммитах НАТО и ЕС или на двусторонних переговорах. Почему? Наверно, потому, что на подобных рандеву обсуждаются конкретные проекты, в чьих успехах заинтересованы все. А мероприятия ОБСЕ — это пока в основном говорильня об отвлеченных принципах. Поэтому здесь к Москве относятся, руководствуясь принципом “мимо тещиного дома я без шуток не хожу”».
Статья – Московский Комсомолец № 25516 от 4 декабря 2010 г. Михаил Ростовский – Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets
“After decades of importing and reverse-engineering Russian arms, China has reached a tipping point: It now can produce many of its own advanced weapons—including high-tech fighter jets like the Su-27—and is on the verge of building an aircraft carrier…Now, China is starting to export much of this weaponry…China is developing weapons systems, including aircraft carriers and carrier-based fighters, that could threaten Taiwan and test U.S. control of the Western Pacific.”
Article – Wall Street Journal December 5th, 2010.
Se sono non pochi i leader mondiali non proprio contenti delle rivelazioni di Wikileaks ce n’è uno che addirittura si frega le mani. Il lungo lavoro certosino dietro alle quinte o quasi ha dato i suoi positivi effetti anche all’estero. Gli stranieri hanno avuto la definitiva conferma su chi realmente diriga la Russia o come si dice a Mosca “chi comanda in casa propria”. Vladimir Putin esce da questo primo mega-scandalo “virtuale” planetario del XXI secolo come un vincitore con inimmaginabili ricadute d’immagine in Patria.
Nel corso dell’ultimo decennio l’attuale premier è stato fotografato o ripreso ovunque nelle situazioni più incredibili: mentre nuota in un fiume siberiano come il leggendario leader cinese Mao, mentre guida un aereo caccia supersonico, mentre a torso nudo va a pesca oppure partecipa ad una battuta ecologica per la difesa delle tigri. Un anno non troppo lontano fa le russe hanno cantato a squarciagola il tormentone estivo “vorrei uno come Putin che non beva, che non se ne scappi via e che mi rispetti”. Persino i gay hanno collezionato la fotografia dell’“uomo forte” del Paese, campione di judo, dai super pettorali, creando non poco imbarazzo nella sala russa dei bottoni.
Ma adesso, quasi all’inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2012, quando qualcuno ipotizza una corsa contro il giovane ed ambizioso Dmitrij Medvedev, nessuno si aspettava dagli americani un simile regalo. In un dispaccio diplomatico Putin è definito l’“alpha dog”, il capobranco che domina la scena politica del suo Paese, il macho. “Grazie Wikileaks”, devono aver pensato nell’entourage del primo ministro: nemmeno l’acrobazia mediatica più sofisticata dei super consulenti di immagine del premier avrebbe ottenuto migliori risultati.
Per di più in un messaggio pubblicato dal sito del ficcanaso Assange i funzionari Usa raccontano il ruolo informale svolto dall’attuale “first lady” russa all’interno dell’Amministrazione federale. Svetlana Medvedeva “crea rapporti tesi tra gli opposti schieramenti e rimane argomento di attivi pettegolezzi”. I diplomatici scrivono che la moglie del presidente ha stilato una lista di alti ufficiali – a cui sono stati creati ostacoli nello svolgimento della loro carriera – non fedeli al capo del Cremlino. Insomma questo è il bel fiocchetto finale sul dono confezionato da Wikileaks per Natale!
Primi passi concreti verso un mondo più sicuro. Gli ex nemici della Guerra Fredda iniziano seriamente a collaborare tra loro. L’intesa politica tra Nato e Russia si appoggia principalmente su due elementi: sviluppo comune di un mini-Scudo regionale; aiuto nel disinnescare la mina afghana.
Ma prima la nuova Concezione strategica della Nato la cui definizione – come ha candidamente ammesso in conferenza stampa a Lisbona il presidente Medvedev – Mosca ha seguito nei mesi scorsi con estrema “attenzione”. Nel documento si legge che l’Alleanza atlantica “non rappresenta una minaccia per la Russia”, anzi “cerca con lei cooperazione”. Questa collaborazione è “strategicamente importante, poiché contribuisce alla creazione di un comune spazio di pace, stabilità e sicurezza”.
Il capo del Cremlino ha dichiarato che complessivamente nella Concezione strategica della Nato si esprimono bene i nuovi rapporti con il suo Paese. La speranza russa è che questo momento positivo nelle relazioni Est – Ovest non sia un semplice “venticello” passeggero come già avvenuto in altre occasioni in passato.
Ecco perché Mosca ha accettato le offerte occidentali di cooperazione, ma non si fida più di tanto. La principale preoccupazione è rappresentata dalla complessa ratifica dello Start da parte del Senato Usa. “Faremo le cose in maniera simmetrica”, ha ammonito Medvedev, che ha sottolineato come il mancato voto favorevole al trattato dei parlamentari statunitense “non renderà il mondo più sicuro”.
Veniamo al mini-Scudo. Ormai non si parla più, come ai tempi di Bush, di Scudo spaziale strategico, quello per intenderci contro i vettori a lungo raggio, ma di difese anti-missilistiche regionali contro minacce portate da piccola e media distanza. La Nato ha inviato a Mosca, alcune settimane fa, i suoi esperti per definire tecnicamente come unire il proprio sistema con quello russo. Nei prossimi mesi il lavoro proseguirà con ufficialmente la benedizione del duo Medvedev-Putin.
Le cose non vanno troppo bene in Afghanistan, dove, da anni, la Nato sta levando le castagne dal fuoco alle repubbliche ex sovietiche. Anche durante le settimane più oscure della crisi tra Bush ed il Cremlino la Russia non ha mai cancellato il permesso di transito di materiale logistico alleato verso l’Asia centrale.
Invero Mosca da quelle terre sfortunate non ha mai distolto l’attenzione. Ad iniziare dall’autunno ’96 dopo che i talebani presero il potere a Kabul. Il Cremlino convocò una riunione d’emergenza delle repubbliche ex Urss asiatiche per organizzare la difesa dello spazio ex sovietico. I successivi attacchi islamici in Tagikistan, Kirghizistan ed Uzbekistan e le infiltrazioni in Caucaso settentrionale le diedero ragione.
Adesso che è stata annunciato l’inizio di una “exit-strategy” dall’Afghanistan dal 2011 al 2014 la preoccupazione nell’ex Urss torna a salire. Una voce, che si rincorre, è che qualcuno in Occidente pensi addirittura di ripassare il boccone avvelenato afghano al Cremlino. Medvedev ha ricordato come la situazione interna di quel Paese “rappresenta una minaccia per il mondo circostante”.
Tornando a Lisbona, dove è stata a più riprese utilizzata la parola “partner”, i russi hanno concesso ufficialmente maggiore libertà di transito per il rientro delle truppe Nato tra il 2011 ed il 2014. Ma gli occidentali si aspettano un ruolo molto più attivo del Cremlino.
Certo è che se la Russia vorrà rimanere una potenza regionale dovrà fare la sua parte anche nei teatri scomodi. Il problema è se l’ex superpotenza ha dentro di sé la forza morale e materiale per un tale compito.
Giuseppe D’Amato
NATO Strategic Concept.
US President Barack Obama: the agreement “responds to the threats of our times”.
“For the first time, we have agreed to develop a missile defence capability that’s strong enough to cover all NATO European territory and populations, as well as the United States.”
The document commits NATO members “to defend one another against attack, including against new threats to the safety of our citizens”, without defining a geographical limit to its theatre of operations. The alliance would also seek to “create the conditions” for a world without nuclear weapons, but until that goal was in sight would remain a nuclear-armed organisation.
Polish President Bronislaw Komorowski called the new NATO strategic concept as “satisfactory for Poland”.
Russia.
German Chancellor Angela Merkel: “A former military adversary is now clearly a partner.”
US President Barack Obama: “We look forward to working with Russia to build our cooperation with them in this area (anti-missile Shield) as well recognizing that we share many of the same threats.”
Ratification of the new START weapons treaty.
Obama: “Those who would block this treaty are breaking President Reagan’s rule — they want to trust, but not verify.”
* * *
From the NEW official NATO Strategic Concept. – NATO and RUSSIA –
* PAGE 5. We will actively seek cooperation on missile defence with Russia and other Euro-Atlantic partners;
* PAGE 7-8. In any future reductions, our aim should be to seek Russian agreement to increase transparency on its nuclear weapons in Europe and relocate these weapons away from the territory of NATO members. Any further steps must take into account the disparity with the greater Russian stockpiles of short-range nuclear weapons.
* PAGE 10 – POINT 33 NATO-Russia cooperation is of strategic importance as it contributes to
creating a common space of peace, stability and security. NATO poses no threat to Russia. On the contrary: we want to see a true strategic partnership between NATO and Russia, and we will act accordingly, with the expectation of reciprocity from Russia.
* PAGE 10 – POINT 34 The NATO-Russia relationship is based upon the goals, principles and
commitments of the NATO-Russia Founding Act and the Rome Declaration, especially regarding the respect of democratic principles and the sovereignty, independence and territorial integrity of all states in the Euro-Atlantic area. Notwithstanding differences on particular issues, we remain convinced that the security of NATO and Russia is intertwined and that a strong and constructive partnership based on mutual confidence, transparency and predictability can best serve our security. We are determined to:
• enhance the political consultations and practical cooperation with Russia in areas of shared interests, including missile defence, counter-terrorism, counter-narcotics, counter-piracy and the promotion of wider international security;
• use the full potential of the NATO-Russia Council for dialogue and joint action with Russia.
We are a group of long experienced European journalists and intellectuals interested in international politics and culture. We would like to exchange our opinion on new Europe and Russia.