Russia


 Semplicemente splendide. Le “anti-Spice” girls russe sono sei agguerritissime nonnine della regione settentrionale dell’Udmurtia. Hanno vinto le selezioni federali, letteralmente sbaragliando il campo, pieno di stars affermate. Alla fine di maggio in Azerbaigian rappresenteranno il loro Paese alla seguitissima edizione di Eurovision, il popolare festival della canzone europea.
  Le “Buranovo Babushki”, questo il loro nome, – in italiano le “nonne di Buranovo” – cantano nella loro lingua nazionale, dichiarata dall’Unesco “in pericolo”, e vestono con i costumi tipici delle campagne russe. Sul palco sembrano delle matrioshke viventi: abiti umili di colore rosso, grembiuli e fazzoletti d’ordinanza, collane di monete al collo, calzature di spago e calzettoni bianchi di lana ai piedi.
  Il loro repertorio, costituitosi in 40 anni di duro lavoro, è quello classico tradizionale, ma per l’appuntamento continentale è stato arricchito con qualcosa di diverso. Il testo, che presenteranno a Bakù, è in udmurto con il ritornello in inglese.
  Le sei nonne di Buranovo stanno tentando di perfezionare al meglio la lingua di Shakespeare, ma non è facile a quella età. Una coreografa si sforza di farle ballare con ritmi moderni. Le loro movenze tradiscono, però, altri movimenti, lo stesso armoniosi, e per questo genuini.
  La più esperta del gruppo, la 76enne Natalja Pugaciova, ha lavorato tutta la vita nel locale kolkoz, le fattorie collettive d’epoca sovietica, ed adesso è sorpresa da tanta notorietà. “E’ una grande opportunità – le fa eco la compagna quasi coetanea Olga Tuktareva – per dimostrare che anche gli anziani possono fare le cose giuste ed avere una vita gioiosa e ricca spiritualmente”.
  “Il vestito è sul tavolo – cantano in udmurto le ‘Buranovo Babushki’ – I nostri figli arriveranno presto. Il dolce è nel forno. I nostri cuori sono pieni di gioia!” Il difficile è il ritornello: “Come on and dance! Boom Boom! Ha ha ha!!”.
  Una delle loro speranze è di guadagnare qualche rublo per costruire nel remoto villaggio natio una chiesa, che fu distrutta ai tempi di Stalin. Ma liberarsi dagli impegni casalinghi per partecipare alla selezione federale e per andare in Azerbaigian non è stato per niente facile. “E chi terrà a bada le vacche e sbrigherà le faccende domestiche”, hanno chiesto i vispi mariti. Grazie all’aiuto di tutta la famiglia, soprattutto di figli e nipoti, il problema è stato risolto per il momento.
  Ma anche in caso di successo la loro vita non cambierà. Gli animali delle mini-fattorie le aspettano trepidanti. E poi bisogna seminare le patate. Occhio, però, a non sottovalutare queste incredibili nonnine!

 «Лучшие моменты этой политической зимы в России творили женщины. Как, например, та девушка, которая стояла 5 марта на постаменте памятника Пушкину и с детской гордостью держала в голубых рукавицах плакат «Нам не нужна путинская династия!» … …Маша Гессен лидер, новой российской оппозиции,  «одна из важнейших организаторов демонстраций», Маша Гессен для «белого кольца» на Садовом организовала и теплые напитки, и денежки, чтобы иногородние студенты могли приехать на такси… Молодец, Маша. Ребята с НТВ тоже были бы в восторге…Наверное, каждая революция, не важно — красная, оранжевая или белая, — имеет своих Маш Гессен…
Ольга Алленова, журналистка, писала заметку в «Огоньке» о том, почему она больше не будет выходить на улицу, чтобы требовать смены режима…Ольга Алленова по выходным, когда дежурит знакомая медсестра, помогает ей в качестве волонтера в детском отделении больницы. Моет пол, кормит малышей-отказников, делает массаж детям с синдромом Дауна.
«Я никогда не забуду Мишкины глаза в тот первый день, когда его взяли на руки, — пишет она. — Он приник головой к моему плечу и смотрел на меня, не отрываясь, минут тридцать. Передать это словами невозможно. Я даже не слышала его дыхания — он весь замер, держась ручкой за мою медицинскую маску». Ольга Алленова считает, что держать брошенного всеми Мишку на руках важнее, чем бороться за смену режима….Скромные мысли, далекие от политики…Не штурмовать Кремль, а помогать слабым. «Если бы проблемы детей, недоедающих в больницах, собирали сотни тысяч людей на митингах, — пишет Алленова, — я думаю, дети больше бы не голодали». А для властей, кстати, каждое такое требование стало бы бомбой».

 Статья – Штефан Шолль – Московский Комсомолец № 25897 от 22 марта 2012 г. Stefan Scholl Moskovskij Komsomolets.

“Russia has suggested to NATO it could use its own airport near Ulyanovsk if Manas transit shipment centre is closed, Voice of America reported.
‘The Russian government plans to use the airport near Ulyanovsk as a transit point for NATO coalition troops in Afghanistan’, the statement said. ‘Moscow allowed NATO to supply coalition forces in Afghanistan through Russia by railway for three years. One of Russia’s airports in Ulyanovsk may be also be used to deliver military cargo’.
According to the plan, military aircraft will fly out of Kabul, then over Central Asia to land 3000 kilometres away in Ulyanovsk.
Russian Foreign Minister Sergei Lavrov told the Russian Duma members that the use of the airport by the NATO military is in Russia’s interest, as this will facilitate the orderly withdrawal of NATO troops from Afghanistan by December 2014 as was planned.
The agency stressed that the Russian leadership’s decision was announced the day after the Kyrgyz authorities told U.S. Secretary of Defence Leon Panetta that they did not intend to prolong the lease term of the U.S. Air Force base Manas which expires in July 2014.
Expert on security issues in Central Asia Joshua Kucera, working in Washington, thinks that this statement of the Kyrgyz leadership can simply mean that it is time to begin lease negotiations with the new president Almazbek Atambayev, Voice of America said.
Kucera said that Ulyanovsk will be a fall-back option if Manas is closed and on the other hand, Manas is a fall back option in case of overlapping the channels passing through the territory of Pakistan.”

From TREND News Agency

“NATO, Russia and the Central Asian’s countries have a number of common interests in the region, James Appathurai, NATO Secretary General’s Special Representative for the Caucasus and Central Asia told in an interview with atlantic-community.org.
Appathurai said he would like to reject the opinion that the West and Russia are competing for influence in the Central Asia.
“We have common interests in Central Asia. And I mean common with the Central Asian countries and NATO, and common between all three if we include Russia as well,” he said.
First common interest is the stability in Afghanistan as vital for all that Afghanistan does not once again begin exporting terrorism, extremism, or continue exporting drugs, which of course hit all, Appathurai mentioned.
“So we have an interest in stabilizing Afghanistan, shared by all of us. And the best way to do that is to cooperate,” he added.
Appathurai added that NATO, Russia, and Central Asia for example train together their counter narcotic officials, particularly Central Asian, Afghan but also now Pakistani.
Russia plays a very important role in this joint project with NATO allies, he said, and it works very well.
The other NATO’s interest in the region is to help the Central Asian countries reach their full potential, including as transit areas for trade, as production and transit areas for energy and that is a mutual interest for everybody, Appathurai added.
“The Central Asian countries are concerned that when 2014 arrives and the Alliance has a much smaller and different presence in Afghanistan, that they will be left with a problem or a growing problem of instability, and terrorism, and extremism, and drugs,” he mentioned.
The NATO is committed for the long term to Afghanistan’s stability and committed not just rhetorically or politically, the alliance will have people on the ground doing work to help the Afghans stabilize their own country, Appathurai stressed.
“We will also work with the Central Asian countries so that they can protect themselves better, fight against and defend against these many threats. So we’re going to offer them more consultation, more exercises, more joint training to help them beef up their own capacity to handle these problems,” he added.”

 From TREND News Agency

  La “primavera” russa perde smalto e diversamente non potrebbe essere. Sabato scorso sull’Arbat sono scesi a protestare non più di 20-25mila moscoviti, molto meno rispetto alle oltre centomila persone delle precedenti manifestazioni “per elezioni pulite” del dicembre e del febbraio scorsi. Le presidenziali del 4 marzo sono ormai alle spalle e la delusione sta prendendo il sopravvento in un movimento composito che rischia di frazionarsi tra le sue molteplici anime. 
 La “battaglia di Russia”, come l’ha definita Vladimir Putin, non è però conclusa, come si potrebbe superficialmente credere, ma è entrata in una fase più tecnica e meno spettacolare. Presto, infatti, verso l’inizio dell’estate il governo sarà costretto ad imporre misure economiche impopolari: i prezzi sono in pratica congelati da un anno per le elezioni, con un deficit di bilancio diventato un segreto di Stato. Allora, sì, che la partita ricomincerà molto più seriamente che queste legislative e presidenziali, diciamolo pure, addomesticate.
  La variabile imprevedibile in questa situazione è rappresentata dal dio “petrolio”. Il suo prezzo alle stelle è l’unico elemento in grado di aiutare il “leader nazionale” ad ottemperare alle troppe promesse elettorali. Altrimenti, saranno dolori di pancia. Il modello Putin – ossia “proventi dalla vendita delle materie prime impiegati per lo sviluppo” – non funziona più. Servono risorse interne. Ai russi, soprattutto a quelli benestanti, bisognerà spiegare che pagare le tasse è necessario per offrire servizi ai meno abbienti. Altro che 13% sui guadagni, come ora.
  In sintesi, l’autunno si annuncia caldissimo. I prossimi lunghi mesi serviranno alle opposizioni per organizzarsi meglio e creare quelle strutture politiche che adesso mancano del tutto. 
  A Mosca la domanda imperante in queste ore è come continuare, nel frattempo, la lotta contro Putin e i suoi alleati. La prima risposta è che certamente molta dell’attuale energia verrà spesa nella crociata contro la corruzione e la superbia della nomenklatura. Il mezzo per mantenere unita la protesta sarà Internet con i suoi social forum. In Parlamento sono già in corso, da settimane, consultazioni tra alcuni dei leader delle composite opposizioni, restate fuori dalla Duma alle legislative di dicembre per i soliti “giochetti”, e la squadra di Putin.
  Questo elemento deve far riflettere, e non poco, gli osservatori indipendenti. Ma come è giustificabile una tale trattativa quando si sono appena tenute elezioni generali? Che investitura popolare hanno gli uni e gli altri rappresentanti dei due schieramenti? L’unica cosa positiva è che si è scelta la strada del dialogo e non quella della piazza per risolvere i problemi e concordare una seria riforma politica.
  In conclusione, come nelle attese Vladimir Putin ha vinto il primo scontro, ma la battaglia non è affatto finita e lui ne è ben coscio. La “luna di miele” col Paese, durata ben 12 anni, è definitivamente finita. Ora il “leader nazionale” ha contro una larga fetta della società russa con cui giochi e giochetti non serviranno ad alcunché. Questa è l’ora dei fatti e delle riforme.

 

Vladimir Putin 63.60% 45,602,075
Gennady Zyuganov 17.18% 12,318,353
Mikhail Prokhorov   7.98%   5,722,508
Vladimir Zhirinovsky   6.22%   4,458,103
Sergei Mironov   3.85%   2,763,935
Invalid Votes   1.11%      836,691

Turnout

64.5%

70,864,974
 on 109,860,331 Registered voters

 

 

Source: Central Election Commission of the Russian Federation

 Russia is not Belarus, but this is little consolation. Its people took to the streets to demonstrate that Russians are no longer subjects of an empire, but citizens of a modern country. They want to play an active role in the decision process that will choose the path for the next decade.

Let’s be clear. December’s legislative elections, preceded by the “dirtiest” campaign since the collapse of the USSR, were a major setback on the way to the attainment of full democracy. But they have awoken the long sleepy and apathetic Russian society.
In a deep popularity crisis, United Russia – the party of the Kremlin – had to get the maximum number of votes to launch Vladimir Putin’s presidential campaign. And, more or less, it reached its goals.

Nevertheless, in some situations form is more important than substance. And this is the case. The Russians, who do not share the Kremlin’s view, had no alternatives at the polls. There was no room for a vote of dissent or protest. “It is unbelievable! I had to vote for the communists so as not to give it to those” said an upset thirty-year-old Moscow specialist. Now, on March 4th, at the presidential elections, it is the same!

At the legislative elections the legal guarantor or arbiter, usually the head of State, was missing. Dmitry Medvedev was the “number one” candidate in the United Russia list and in his traditional pre-election message to the nation he invited his people “to choose those who have experience in overcoming the crisis.”
If this attitude from the authority in power towards competitors continues, imagine what would happen if suddenly an alternative serious candidate to Putin, and not the usual retiree, were to appear on the political scene.

Undoubtedly, for the first time since his arrival in  power at the end of 1999, Vladimir Putin was not considered by his people the problem-solving “good czar” but rather was associated with the corrupt nomenklatura.

Politicians should understand that Russia has changed. It is no longer the place where people just listen to the voice of the Kremlin and complain “in the kitchen” like during the Soviet times. While the federal television channels broadcast hours of programmes on the government’s successes, Russians post the daily reality and express their anger on the internet. Social networks and blogs showed the dirty face of the electoral campaign.

Certainly, in past elections there were frauds, falsifications, and violations of the law as well. The difference is that today not only are common people in Russia armed with the latest technology and denounce the abuses but they have also lost their patience, especially in the regions where local authorities have become too arrogant. Muscovites and Peterburgers (a significant percent of the active electorate) have added the request for a new, more just society like in the West.
It is mainly the rich Russian middle class that is disappointed with life in its homeland. Sociologists are already analyzing today’s wave of emigration that is the strongest since the Bolshevik Revolution. The flight of capital seems to be unstoppable in these months. The Russians appear to be the first not to believe in their country.

The next President will have to deal with this psychological crisis and find the right therapy. Russians are no longer hungry like in 2000 when they gave up some of the achievements of the Nineties for stability. A fully open political system and more development of democracy are probably the needed medicine. Otherwise there will always be a Smartphone ready to unmask the authorities’ sins.

Giuseppe D’Amato

 Siamo geneticamente vincitori!” Con queste parole Vladimir Putin ha arringato i fans allo stadio Luzhniki in una manifestazione a suo sostegno nel giorno della festa dei Difensori della Patria. Il primo ministro, candidato favorito alle presidenziali del 4 marzo prossimo, sta indossando sempre più i panni di “leader nazionale”.  
I suoi toni, gli striscioni dei presenti e le centinaia di bandiere tricolori non danno adito ad altre interpretazioni. Citando alcuni versi del poeta Lermontov, Vladimir Putin ha sottolineato che “la battaglia per la Russia continua e noi vinceremo!”
Non è mancato nemmeno un chiaro monito agli stranieri, invitandoli a non interferire. Il premier ha chiesto ai russi di farsi parte attiva nel voto, di non girarsi dall’altra parte, guardando verso l’estero, e di “non tradire la Patria”.
Come il 4 febbraio scorso anche questa volta gli organizzatori dell’evento dovranno pagare una multa, invero simbolica. Al Luzhniki, che ha una capienza di circa 78mila persone, sarebbero stati presenti in ben 130 mila, stando a rilevazioni della polizia. Il permesso era stato concesso soltanto per un’adunata da 100mila sostenitori.
Alle parole di Vladimir Putin dura è stata la reazione delle composite opposizioni, che non hanno un proprio candidato in lizza per le presidenziali, ma che per domenica hanno indetto un nuovo corteo di protesta per “elezioni pulite”. Internet è piena di messaggi stizziti. Non piace che il premier stia cercando di appropriarsi dei simboli nazionali e della sua memoria. Un famoso blogger commenta così: “I nostri nonni hanno sconfitto i nazisti nel 1945? Per questo voto per Putin! … Che schifo!”

«Для итальянцев праздник святого Валентина является одним из самых ожидаемых и в то же самое время тревожных событий года. Игнорировать его, как иногда происходит у невнимательных мужей с годовщиной свадьбы, практически невозможно…
В России День святого Валентина, импортированный из англоязычного мира, начали отмечать много позже. И с чем-то большим, чем любовные эсэмэски, открытки да букеты цветов, лично мне сталкиваться не приходилось (кто-то из ваших остряков даже переименовал этот праздник в День секса за открытку/эсэмэску). Все понятно: у вас 8 Марта заменяет все остальное, а в Италии этот день почти всегда рабочий и носит общественный характер…
«Нюансы убивают поэзию»… если бы в России хотя бы на один день сексуального перемирия некоторые мужчины перестали использовать чеснок в качестве жвачки и не разили перегаром, как огнеопасный танкер нефтяными парами, то разжечь костер любви было бы куда проще…
Италия — страна не только любви, но и красоты. Итальянцы любят любить. В нашем менталитете lieto fine (хеппи-энд, счастливый конец) обязателен. Нам гораздо приятнее считать себя родиной таких пар, как Ренцо и Лючия («Обрученные») Алессандро Мандзони, чем Ромео и Джульетта англичанина Уильяма Шекспира…
Об «одиноких сердцах» у нас тоже не забыли. Таких single сейчас на Апеннинах, между прочим, шесть миллионов. Святой Фаустино для них — такой же покровитель, как святой Валентин для влюбленных. Да и мама Италия думает о них. 14 февраля во всех наших городах состоятся специальные вечеринки. У входа в клубы женщины получат кодовые замочки, а мужчины — билеты с разными кодами. И у всех будет всего 200 секунд, чтобы найти подходящую комбинацию….
А вообще-то Купидон ждет нас везде, где бы мы ни находились. И все замки открываются, если этого по-настоящему захотеть…  »

Статья – Джузеппе Д’Амато Московский Комсомолец № 25868 от 14 февраля 2012 г. Giuseppe D’Amato Moskovskij Komsomolets.

 Il “generale gelo” non ha fermato l’opposizione russa come fece con Napoleone e le truppe dell’Asse. Le forze vicine al premier Vladimir Putin speravano nelle pessime condizioni meteorologiche, ma è andata loro male. Se, sabato 4 febbraio, così tanta gente è scesa in strada a protestare contro il Cremlino a venti grado sottozero vuol dire che la misura è davvero colma anche per un popolo, quello russo, da secoli abituato a sopportare di tutto.

"No agli arancioni!" Parco della Vittoria

"Non abbiamo paura dei tank"

Il fenomeno incredibile da descrivere è che la caduta di Vladimir Putin dall’Olimpo degli déi è stata verticale. Come verticale è il suo potere, costruito dopo il Duemila. La stessa cosa successe per altri suoi illustri predecessori. Lo zar Nicola II festeggiava in pompa magna i trecento anni di potere dei Romanov nel 1913, salvo poi essere fucilato con la sua famiglia dai bolscevichi quattro anni dopo.
Il cortocircuito tra Putin ed il Paese è avvenuto il 24 settembre scorso, quando il “tandem” ha comunicato la decisione di scambiarsi le cariche. Ossia il presidente uscente Dmitrij Medvedev sarebbe diventato primo ministro, mentre l’attuale premier sarebbe tornato al Cremlino per il suo terzo mandato. “L’avevamo già deciso da tempo”, si sono pure fatti scappare i due amici di vecchia data.
La sfrontatezza dei modi e la sensazione che il voto popolare non conti nulla sono state la scintilla che ha innescato la protesta. Internet e i social network hanno iniziato un incessante lavoro ai fianchi del Cremlino, che, per la prima volta da anni, ha perso una battaglia mediatica. Il partito del potere Russia Unita è stato etichettato come la formazione “dei malfattori e dei ladri” in un Paese tra i più corrotti al mondo.
Dopo i palesi brogli alle legislative del 4 dicembre l’onda lunga di Internet non si è fermata ed ora rischia di travolgere lo stesso Putin, che, per anni, ha giocato il ruolo dello “zar buono” circondato da aristocratici (leggasi oggi funzionari pubblici) cattivi. Per la prima volta il premier, che – è bene dirlo – ha enormi meriti per il boom economico di inizio secolo, mostra segni di debolezza.

Le manifestazioni di sabato ricordano infatti quelle della primavera ’91. Allora Michail Gorbaciov, che tentava di riformare l’Urss, riusciva a portare in piazza qualche decina di migliaia di persone, principalmente militari o gente legata alle forze di sicurezza. Dall’altra parte della barricata Boris Eltsin radunava folle oceaniche in nome di una Russia democratica senza il peso dell’impero. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Al parco della Vittoria, sabato, vi erano non più di 20mila comparse, precettate in gran parte dal posto di lavoro, che, dopo 20 minuti di forzata presenza in un pre-organizzato set cinematografico, sono fuggite via. La classica massa amorfa descritta da Blok. Dall’altra era schierata la società civile, colorata e gioviale.
Farò multare i miei che hanno portato troppa gente in piazza, ha promesso Putin, riferendosi a fantomatici 130mila sostenitori. Foto artatamente contraffatte hanno fatto il giro della Russia. Invero non è importante quanta gente realmente vi fosse al parco della Vittoria, bensì cosa far credere al Paese.
La fortuna di Vladimir Putin è che oggi l’opposizione raduna una galassia di partiti e movimenti diversi e non ha un leader unico. Le prossime presidenziali gli sono state semplificate con i soliti metodi dalla Commissione elettorale e non presentano candidati che lo possono impensierire. Non vincere al primo turno sarebbe per lui un colpo grave.

Il presidente uscente Medvedev

 Sono iniziate le presidenziali russe. Sono 5 i candidati registrati. Tre – ossia il comunista Zjuganov, il nazionalista Zhirinovskij ed il populista Mironov – hanno seguito la trafila parlamentare come leader di partito. Uno, il premier Putin, è stato presentato da Russia Unita, la formazione del Cremlino. L’unico, proveniente dalla società civile, è il miliardario Michail Prokhorov. Tutte le altre candidature sono state bocciate.
Il netto favorito delle presidenziali del 4 marzo è Vladimir Putin nonostante il sensibile calo di popolarità (dal 55 al 38%) degli ultimi mesi provocato dalla decisione del 24 settembre scorso di procedere alla staffetta con l’attuale capo del Cremlino, Dmitrij Medvedev. Il grande dubbio è se l’ex agente del Kgb riesca a vincere già al primo turno o sia costretto 15 giorni dopo ad andare al ballottaggio.
Sulla carta gli altri quattro concorrenti non dovrebbero creargli problemi. Il nodo centrale è che le opposizioni, rimaste fuori dal Parlamento, stanno guidando un vasto moto di protesta popolare che ha il suo cuore pulsante in Internet.
Sabato 4 febbraio è prevista la terza manifestazione nazionale contro i brogli alle parlamentari del 4 dicembre. La richiesta centrale è la volontà di avere nuove “elezioni libere e pulite”.
La lotta politica non è, purtroppo, priva di colpi bassi. All’organizzazione per la difesa dei diritti umani Golos è stato comunicato che dovrà liberare i suoi uffici di Mosca entro il primo febbraio nonostante abbia un regolare contratto d’affitto fino ad agosto. Questa Ong ha denunciato brogli su larga scala alle ultime legislative.
Vladimir Putin tenta di tranquillizzare l’opinione pubblica. “Non vi sarà alcuna dittatura”, ha affermato, mentre il suo portavoce Peshkov ha detto che il “premier non teme nessuno”. Ma in un sondaggio della radio Eco di Mosca, ascoltata principalmente dagli intellettuali, Prokhorov a sorpresa batte tutti gli altri candidati.

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