Russia


Una delle due kamikaze della linea rossa della metropolitana di Mosca era una ragazza di 17 anni, Jennet Abdurakhmanova, vedova di un cosiddetto “signore” della guerra daghestano, ucciso dalle forze federali il 31 dicembre 2009. Con lei la suicida aveva una lettera d’amore, scritta su carta araba (difficilissima da trovare in Caucaso), che terminava con la frase “ci incontreremo in Paradiso”. Questi i primi elementi in mano agli specialisti dell’anti-terrorismo, pubblicati dalla stampa russa. Come raccontano gli studiosi, i Signori della guerra hanno in genere dalle 10 alle 12 mogli.

 Le “vedove nere” sono uno dei peggiori prodotti del terrorismo in Caucaso. Mai nella storia e nelle rigide tradizioni di queste regioni uomini e donne sono state così uguali. Una vera rivoluzione importata dall’estero!

 E’ negli anni Novanta che i cosiddetti “salafiti” di origine araba hanno iniziato a fare proseliti, sfruttando anche la grande disponibilità di fondi e l’endemica crisi economica in Caucaso. L’islamismo secolare, tipico di queste latitudini, è stato così sconvolto da una cieca ondata di fondamentalismo.

 La società cecena, divisa in clan, è profondamente maschilista. La donna ha una posizione subalterna. Vive una vita tutta sua, appartata ad educare i figli piccoli.

 Ma in Caucaso nelle nuove generazioni, abituate a quasi due decenni di guerra, molto è cambiato. Questa gente è abituata a combattere e a morire e non fa riferimento agli anziani come avveniva prima. I giovani hanno preso tanto potere, un fatto contrario alle tradizioni. Adepti caucasici sono stati poi inviati ad istruirsi ai dettami religiosi all’estero: Emirati arabi, Arabia Saudita, Pakistan e Turchia.

 Con la vittoria dei federali nella guerra in Cecenia gli estremisti locali e quelli stranieri si sono spostati nelle repubbliche limitrofe, portando con sé la “jihad”, che mira alla costituzione di un “emirato del Caucaso”. Non si è più di fronte ad una guerra di liberazione contro i russi, ma alla lotta santa. La discriminante non è più la nazionalità, ma la religione. Anche un russo convertito all’Islam può essere parte della causa comune. Non a caso per gli attentati della metropolitana di Mosca sono ricercate persone con la fisionomia slava.

 I collegamenti con le centrali internazionali del terrore, in primis Al Qaeda, sono denunciati dai russi e confermati da fonti americane. Ecco perché il tandem Medvedev-Putin ha una brutta gatta da pelare.

Vedi anche Mosca: bagno di sangue nel metrò, EuropaRussia; Russia: i falchi come risposta al terrorismo? EuropaRussia; Cecenia: vince la pax russa. Primavera 2009, EuropaRussia.

 

 

 

 

 In Russia si è risvegliato il peggiore degli incubi. Di nuovo le kamikaze a passeggio per la capitale in cerca di obiettivi. Questa volta a farne le spese sono stati i pendolari del mattino.

 Se non si è mai saliti su un treno della metropolitana di Mosca all’ora di punta non si ha idea di che battaglia si debba combattere per conquistarsi un po’ di posto vitale per respirare. Dire che si è schiacciati come sardine non rende giustizia ad una situazione davvero precaria, quotidiana per milioni di persone. Le terroriste lo sapevano ed è qui che hanno colpito cinicamente, mentre le porte del treno si aprivano alla fermata. In quel momento si ha l’addensamento maggiore di gente in pochi metri quadri: dentro le sardine, fuori chi spinge per entrare.

 E pensare che da qualche tempo le solitamente rigide misure di sicurezza nel metrò erano state allentate. L’ultima volta un ordigno era esploso, quasi in periferia, in mezzo agli operai nel febbraio 2004, provocando, però, una strage.

 Simboliche sono le due stazioni colpite: la prima è quella sotto all’edificio centrale dei servizi segreti, l’ex Kgb, a qualche centinaio di metri dal Cremlino; la seconda all’intersezione della circolare, in un punto nevralgico dove si incontrano traffico auto di superficie e ferroviario. Il messaggio al potere politico moscovita, che ha pubblicamente reagito con parole pesanti, è chiaro: non siamo ancora morti e vi possiamo colpire ovunque.

 Gli inquirenti puntano il dito sicuri della pista islamico – caucasica. Vi sarebbero le immagine registrate dalle telecamere a circuito chiuso. La scorsa settimana la “mente” del deragliamento del treno superlusso “Nevsky Express”, Mosca-San Pietroburgo, è stato ucciso in Inguscezia. Si pensa forse alla vendetta dei suoi commilitoni o a qualcosa di collegato. Ma il “cervello” dell’operazione, chi è? E dove si nasconde?

 La Russia delle trame occulte recita contemporaneamente, però, anche altri copioni. Sempre la passata settimana è stato arrestato un gruppo di nazionalisti-xenofobi che preparava attentati nella capitale. Il tandem Medvedev-Putin sta tentando di riformare la società russa in un periodo, tra l’altro di grave crisi economica e di insicurezza psicologica generale. La lotta alla corruzione ha portato a dolorosi tagli di personale nei ministeri della cosiddetta “forza”, in particolare in quello degli Interni. La riforma o “mezza rivoluzione”, meglio la seconda definizione, è alle porte. E a tanti non piace. I comunisti denunciano attraverso la Moskovskaja Pravda una sempre più crescente strategia della tensione come in Italia negli anni Settanta.

 Mosca è rimasta scioccata. I terroristi sono riusciti a paralizzare l’intero centro di una megalopoli di 13 milioni di abitanti. Alla piazza Komsomolskaja, dove giungono passeggeri da tre stazioni ferroviarie e da altre delle linee interurbane, si è assistito ad un caos dantesco. Poi nelle ore successive alcuni dei corsi più congestionati dal traffico erano incredibilmente vuoti.

 I russi sono abituati a queste situazioni “extreme”, come dicono usando un anglicismo. Le tragedie del teatro della Dubrovka nel 2002 e della scuola di Beslan nel 2004, anche se sono state vissute in tivù, hanno lasciato ferite profonde. Mai, però nessun moscovita dimenticherà l’autunno ’99, quando i terroristi fecero saltare in aria due palazzi nella notte. Si dormiva allora in pigiama con il passaporto tra le mani, così la Protezione civile sarebbe stata in grado di identificare il cadavere. Arrivarono i “falchi” al potere e le cose poi si sistemarono. 

Vedi anche Bagno di sangue nel metrò– 29.03 con aggiornamenti

 

 

Come a Londra e a Madrid a morire sono gli innocenti. Due gli attentati terroristici a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Alle 7.56 è esploso il primo ordigno alla stazione della Lubianka, linea rossa. Hanno perso la vita sia passeggeri sul treno che quelli che erano sul binario in attesa di salire a bordo. Alle 8,37 un secondo ordigno è saltato in aria sulla stessa linea, ma quattro fermate più a sud, nella stazione Park Kultury, quella resa famosa dal film “Gorky Park”.

I due attentati sono avvenuti nel cuore di Mosca: il primo a poche centinaia di metri dal Cremlino, proprio sotto al palazzo dei servizi segreti, l’ex Kgb; il secondo,  nei pressi del nevraligico primo anello stradale e circolare del metrò.

Decine sono le vittime di questa azione terroristica. Il bilancio della tragedia è spaventoso: 40 sono i morti ed 84 i feriti gravi. Centinaia di persone sono state curate negli ospedali,  ad alcune è stata fornita assistenza psicologica.

Le 8 del mattino sono un’ora di punta. In metropolitana si viaggia schiacciati come sardine e le strade in superficie sono bloccate per il traffico. Le autorità capitoline hanno chiesto ai moscoviti di limitare l’uso dell’automobile per andare in centro.  Numerosi feriti sono stati evacuati soltanto con l’uso di elicotteri.

Nonostante le immediate misure prese dal Municipio il già caotico traffico di Mosca è letteralmente impazzito. Migliaia di persone hanno preso d’assalto le fermate degli autobus, i taxisti hanno quintuplicato il costo dei viaggi.  Il centro della capitale, megalopoli con circa 13 milioni di abitanti, è rimasto paralizzato per ore, per normalizzarsi solo nel pomeriggio.

No al panico“, è stato l’appello lanciato dal Patriarca Kirill. Numerose sono le telefonate, ricevute da giornali e radio o alla polizia, con denunce di pacchi sospetti o di avvenute esplosioni. Tutti i capi delle principali confessioni hanno dichiarato che “nessuna religione giustifica la violenza”, un modo per anticipare eventuali azioni di vendetta.

Nei giorni scorsi era stato eliminato in Caucaso il presunto autore del deragliamento del treno superlusso “Nevskij Express” l’anno passato, ma era stata data la notizia anche dell’arresto di un gruppo di fascisti-nazionalisti con l’obiettivo di organizzare azioni terroristiche nella capitale.  Secondo i primi rilevamenti gli attentati sono stati portati a termine da due kamikaze (probabilmente le famigerate “vedove nere”) con ai fianchi cinture con un esplosivo di circa 3 chilogrammi di dinamite ciascuna.  Due donne ed un uomo sono ricercati come componenti del commando di terroristi.

La pista radicale-caucasica è quella più seguita dagli inquirenti.  Secondo il professor Enver Kisriev, docente di studi caucasici all’Accademia delle scienze,  l’attentato può essere opera o di ceceni o di ingusci o di daghestani. Soprattutto nelle ultime due repubbliche la crisi socio-economica è più pesante e i gruppi di estremisti riescono a reclutare militanti, aiutati dalla mancanza di “dialogo col potere locale e con quello centrale moscovita”. Gli attentatori, stando ad una ricostruzione del quotidiano ‘Kommersant’, sarebbero giunti nella capitale dal Caucaso a bordo di un autobus di linea pieno di commercianti. Le due kamikaze avrebbero preso il metrò alla fermata Vorobiovskie gory e non alla Jugo-zapadnaja, come si pensava in un primo momento.

Il presidente Medvedev ed il premier Putin hanno promesso di eliminare fisicamente i terroristi. Il primo ministo ha dichiarato che per gli inquirenti è una “questione d’onore” “stanare questa gente dalle fogne“. Al Consiglio della Federazione alcuni senatori parrebbero voler far ripristinare la pena di morte, congelata dal 1996 dall’adesione della Russia al Consiglio d’Europa. La visita dell’ambasciatore americano ai luoghi del massacro ha destato profonda impressione, un segnale questo ulteriore del miglioramento delle relazioni bilaterali.

Questo è il nono attentato alla metropolitana moscovita, che ogni giorno trasporta 5,5 milioni di passeggeri.  Il 6 febbraio 2004 si registrò il più grave con 41 morti. Vennero anche questa volta colpiti i pendolari ma sulla linea verde.

I Falchi come risposta al terrorismo? – 29.03 con aggiornamenti.

 Meno vanto, più praticità. La Russia, estesa su ben 11 fusi orari, ha deciso di cancellarne due. Dal 28 marzo 5 regioni si avvicineranno a Mosca. Le remote Ciukotka e Kamchatka nell’Estremo oriente, la siberiana Kemerovo insieme a Samara e all’Udmurtia non adotteranno l’ora legale. L’iniziativa è del presidente Medvedev, che lanciò l’idea nel suo discorso sullo Stato della nazione nello scorso autunno. L’obiettivo è dare maggiore impulso al business. Fare affari con l’altro capo del Paese è quasi impossibile oggi. Quando nel Pacifico si dorme nella capitale si è nel pieno della giornata lavorativa. Questa scelta è solo la prima in vista di ulteriori cambiamenti.

 Il mondo politico regionale approva la decisione del Cremlino, qualcuno adducendo spiegazioni originali. Ad esempio il vulcanico Aman Tuleiev si è procurato una tabella in cui si nota l’aumento degli incidenti in miniera con l’ora legale.

 Il problema è, però, che il potere si è dimenticato, come al solito, di chiedere al popolo cosa ne pensa di questa iniziativa. I social forum su internet sono pieni di critiche ed invettive. Nel 1989 la regione di Samara adottò l’ora della capitale, salvo fare marcia indietro due anni dopo. La gente era insoddisfatta e i costi per l’energia elettrica andarono alle stelle. A dicembre alle 15 era già buio pesto.

 In passato, in epoca comunista, qualcuno lanciò l’idea di avere solo 4 fusi, in modo da dare un segnale alla gente di un Paese un po’ più unito. Non se ne fece nulla, ma i biglietti aerei o ferroviari venivano ovunque venduti con l’orario di Mosca. Inutile raccontare i complessi calcoli a cui si era costretti se ci si trovava, che so, in Kamchatka.

 Medvedev ha indicato il percorso. I russi di 5 regioni temono adesso per i propri cicli biologici!

 Viaggiare sognando ad occhi aperti lungo uno dei tragitti più affascinanti del mondo senza affaticarsi o rischiare imprevisti di qualsiasi genere è oggi possibile. Grazie ad un’iniziativa delle Ferrovie russe e di Google, la mitica Transiberiana è a portata di un semplice click, standosene tranquillamente seduti in poltrona davanti allo schermo del computer e non in un minuto ed affollato scompartimento. 

 Poche, ma strategiche, le scelte da fare. Prima: decidere se ascoltare in sottofondo il rumore delle rotaie o pezzi di musica classica russa con le immancabili balalajke o la lettura di brani tratti dalle immortali opere di Tolstoj e di Gogol. Seconda: a quali visite guidate partecipare nelle varie città dove fa sosta il treno?

 Si parte finalmente dalla stazione capitolina Jaroslavskij, accomodati vicino al finestrino, sapendo che ad attenderci ci sono 9.259 chilometri fino al Pacifico, fino a Vladivostok *. Ci aspettano 150 ore imperdibili di panorami mozzafiato, attraverso 7 fusi orari e due continenti.

 La caotica Mosca con i suoi imponenti grattacieli si allontana per lasciare posto all’immensità dello spazio. Cartine geografiche aggiornatissime fanno capire al viaggiatore dove si trova in quell’istante, quanto manca alla lontana meta finale. Foto coloratissime sembrano appena state scattate dal vicino di sedile.

 Il fiume Volga si attraversa quasi subito. Il suo ampio letto, impressionante per un europeo occidentale, è poca cosa rispetto a quello dei fiumi siberiani, degli autentici mari in mezzo alla steppa. Finalmente si riesce a trovare il modo ed il tempo di ascoltare la lettura completa dell’enciclopedico Guerra e Pace!

 Ecco Irkutsk. Si scende. Una graziosa biondina paragona la città a Genova. Non si capisce francamente la ragione. Le tradizionali case in legno, memoria di quando il centro siberiano – crocevia di traffici d’ogni tipo – era un borgo di frontiera, si stagliano in mezzo ad edifici moderni. Il lago Bajkal con le sue foreste di tipo scandinavo lascia senza parole.

 Si vola verso est. Si supera Birobigian, prima capitale di uno Stato ebreo moderno, sul confine cinese. Poi Khabarovsk. Quando si entra a Vladivostok, una “San Francisco” in salsa russa per l’aspetto esteriore collinare-marittimo, le palpebre del viaggiatore sono diventate francamente due saracinesche implacabili.

 Bellissima questa attraversata virtuale del gigante russo. Purtroppo, mancano gli odori e i casuali compagni di viaggio, ma soprattutto l’insostituibile vodka con pesce essiccato.

Giuseppe D’Amato

* C’è stato un piccolo taglio rispetto agli storici originali 9.288,2 km.

FIAT в России

13 Feb 2010

Российская компания «Соллерс» и итальянский автоконцерн Fiat подписали соглашение о создании совместного предприятия. Государство инвестирует в проект в общей сложности 2,1 млрд. евро.

Совместное предприятие будет выпускать девять новых моделей различных классов, при мощности до 500 тысяч автомашин в год, из которых не менее 10% планируется поставлять на экспорт.

Время Новостей  – 12.02.2010

Юлия МИРОНОВА статья

газета Неделя статья

Nord Stream go-ahead

13 Feb 2010

  Finnish environmental officials have given the final permission. The Nord Stream, a German-Russian joint venture, is to begin building the pipeline later this year.

 “In May 2011 the construction is to be completed on the sea section and on land in Germany and Russia,” Russian prime minister Vladimir Putin said. “And gas will start to be pumped in September (2011).”

 Following the approval by Danish, German, Russian and Swedish authorities, Finland was the last country in the region to grant permit. About 375 kilometers of the pipeline will run through Finland’s exclusive economic zone in the Gulf of Finland.

 The Nord Stream project involves building a 1,223-kilometer pipeline to deliver gas to western Europe from Russia, bypassing Eastern Europe. When finished, it will cross the Baltic sea and will connect the Russian port of Vyborg with the German port of Greifswald.

 The first branch of the pipeline with a capacity to ship 27.5 billion cubic meters a year will become operational in two years. The addition of a second branch will double capacity to 55 billion m³ a year. The overall cost of the project is put at about 7.4bn euros.

 Russia’s Gazprom  has a 51% stake in the Nord Stream AG joint venture. BASF/Wintershall and E.ON Ruhrgas each have 20% stakes and N.V. Nederlandse Gasunie has 9%.

Critics

 This pipeline, that in the past was called by some Polish politicians “the new Molotov-Ribbentrop pact”, becomes the first transit option for Russian gas for European customers that avoids networks in Ukraine. A 2009 dispute between Kiev and Moscow forced Gazprom to cut supplies for weeks. Polish Foreign Minister Radosław Sikorski said that this project is only “a waste of European consumers’ money”. The Polish authorities have pointed out several times that the Russo-German consortium has not been able to explain why a sea route is better than the cheaper land option. Warsaw and other ex-communist Baltic Sea states such as Estonia and Lithuania have warned that the pipeline will increase Europe’s direct dependence on Russia for natural gas

History and reasons

 The senior project, Nord Stream, emerged in 1997 as a projected route for the direct transportation of gas from Russia to Northern Germany and Western Europe via the Baltic Sea. The new pipeline was intended not only to diversify the export routes for Russian gas in case of problems with the transit states, but also to pave the way for Gazprom to enter new markets in Europe.

Gas extraction in the North Sea is decreasing, and the current producers and net exporters of this raw material, Denmark, Holland and Great Britain, are gradually turning into importers. The reduced version of the Nord Stream project (an idea to build a branch to Great Britain was abandoned)  will be build now.

One of Moscow’s reasons for constructing new routes, as we said before, is that in the current system of gas transportation to Europe, transit via Ukraine, Belarus and Poland is perceived as a risk factor. However, the projected new routes cannot solve the problem of Gazprom’s transit dependence, as they cannot fully replace the Ukrainian route.

 The second branch of Nord Stream  (the gas for the first branch has now almost fully entered into contracts) could transport the gas now sent by the Yamal-Europe pipeline via Belarus and Poland (about 31 billion m³). Theoretically, some portion of the gas now sent via Ukraine could be redirected to Nord Stream’s second branch, but this would require constructing new branches and connectives between the gas mains on Russian territory.

Environmental worries

The Regional State Administrative Agency for Southern Finland says that while the construction of the pipeline is expected to release substances like dioxins, metals and nutrients from the seabed they would not cause long-term damage to marine habitats.

The agency added that construction would impose temporary limitations on marine traffic, with a long-term impact on fishery. The Nord Stream consortium is to pay compensation to the fishing industry. The risk of damage to the pipeline is low.

 More than 100m euros have been spent on environmental research. “I believe that Nord Stream will be environmentally safe and reliable”, guaranteed Vladimir Putin.

 Some Baltic countries fear the project could stir up toxins lying on the sea bed, especially those inside a vast number of WWII-era armaments. “It’s serious. We are worried about the dioxins and other poisons on the seabed,” Estonian Prime Minister Andrus Ansip said. “We expect our scientists to get full information about it all.”

 There are also other worries. According to a report on Swedish television, Russian boats dumped barrels of radioactive material, from a military base in Latvia, into Swedish waters in the early 1990s.

 The Baltic is one of the most polluted area in the world and is in danger of becoming a dead sea. In 2007 the countries of the region set the goal of restoring the environmental situation by 2021.

Giuseppe D’Amato

 Baltico meridionale. Poco dopo le 21. La radio ha appena finito di trasmettere il discorso di Adolf Hitler in occasione delle celebrazioni per il 12esimo anniversario della presa del potere da parte dei nazisti. Il vento è gelido, i ponti ghiacciati, l’umidità entra nelle ossa. La temperatura è di circa una decina di gradi sotto zero.

 La Wilhelm Gustloff ha lasciato il porto di Gdynia (Gotenhafen) – non lontano da Danzica – da una manciata d’ore, il 30 gennaio ‘45. A bordo ha 10.582 persone, quasi tutti profughi o feriti. La Germania sta mettendo in atto la maggiore evacuazione navale della storia, con l’obiettivo, poi raggiunto, di portare in salvo due milioni di connazionali, in fuga dalla Prussia orientale. L’avanzata dell’Armata rossa è ormai inarrestabile. Secondo alcune voci, risultate successivamente non vere, sul bastimento è stata caricata anche la famosa Sala d’ambra, dono di Federico Guglielmo I a Pietro il Grande nel 1716.

 Rose Petreus è insieme alla sorella Ursula. Sono originarie di un villaggio, oggi in territorio lituano. “Dove la nave fosse diretta – ricorda la donna – nessuno lo sapeva”. La gente era stivata ovunque. Salire sulla Gustloff, orgoglio della Marina civile del Reich, non era stato facile. La ressa in porto era impressionante, la fila enorme. A tutti i passeggeri era stato distribuito un giubbotto di salvataggio.

 Aleksandr Marinesko è il capitano di un sottomarino sovietico S-13. Ha pessimi rapporti con i suoi superiori. Ha ricevuto l’ordine di controllare le coste dell’attuale Lituania. L’ufficiale sovietico, non si sa perché, si è spinto parecchie decine di chilometri più a sud. All’improvviso dal suo periscopio scorge in lontananza l’ombra di un gigantesco naviglio con alcune luci accese.

 I quattro comandanti tedeschi discutono a lungo sulla rotta da tenere. Sono, però, concordi che la scorta sia insufficiente. La luna dà un tocco di romanticismo ad una notte di paura, mentre tenui fiocchi di neve scendono lentamente dal cielo plumbeo. Viene scelto il canale 58.

 208 metri di lunghezza per svariate migliaia di tonnellate, la Gustloff era stata costruita nel 1937 per essere una ammiraglia, e di superlusso. Ad un certo punto sembrò dovesse addirittura prendere il nome di Adolf Hitler, ma poi il Fuhrer, quasi per scaramanzia, la fece dedicare ad un “martire” del nazismo, ucciso da un ebreo in Svizzera. Dopo il settembre ‘39 la nave assume la funzione di ospedale galleggiante e di mezzo da trasporto truppa nel Baltico.

 I passeggeri si preparano a passare in qualche modo la notte, quando all’improvviso si ode un colpo sordo. Il primo pensiero è di aver urtato una mina o un grosso corpo metallico. Ma non è così. Dopo lunghi minuti di osservazione Marinesko ha sparato 3 siluri. Un quarto con sopra la scritta “per Stalin” è rimasto bloccato nella camera di lancio. “Il secondo colpo fu fortissimo”, rammenta Rose. A bordo scoppia il panico. Dopo poco il terzo siluro colpisce il bersaglio e la Gustloff si inclina su un fianco di 40 gradi. “La gente si mise a correre verso i ponti più alti. Molte persone furono calpestate”, aggiunge Rose. Gli ufficiali lanciano segnali luminosi e gli SOS. Gran parte delle scialuppe non si riescono a calare in mare poiché le carrucole sono ghiacciate.

 “Si udirono parecchi colpi di pistola – scrive nelle sue memorie uno dei dottori di bordo Hans Rittner -. Tanti furono i suicidi. La nave emetteva suoni sinistri. Spaventosi erano gli scricchiolii. Le donne urlavano, i bambini piangevano”. Migliaia di persone sono intrappolate all’interno delle cabine e dei saloni inferiori. I più fortunati si gettano in acqua. I flutti si riempiono in un attimo di disperati con indosso i giubbotti di salvataggio. Alcuni di questi sono troppo grandi per i bambini, molti dei quali galleggiano con le gambe all’insù.

 L’agonia della Gustloff dura quasi 50 minuti. Poi l’ammiraglia, dopo essersi spezzata in tre tronconi, si inabissa, alzando onde altissime. 1239 persone (tra cui Rose e la sorella) vengono salvate dalle navi di soccorso, 9343 sono i morti. E’ la catastrofe marittima più grave della storia, ma anche la meno conosciuta, a differenza dei drammi del Titanic, dell’Andrea Doria o del Lusitania.

 La Germania nazista non ha interesse a divulgare la notizia, gli alleati nemmeno per le ingenti perdite fra i civili. Gli aggressori, dopo tutto, sono le vittime e non i carnefici. Nel 1955 viene prodotto dai tedeschi un film che non riscuote grossi esiti. Il capitano Marinesko finisce in un gulag a conclusione della guerra. Otterrà dei riconoscimenti solo nell’ottobre ’63, tre mesi prima di morire. Gorbaciov gli conferirà postumo il titolo di “eroe dell’Unione Sovietica”.

 Il premio Nobel ’99 per la letteratura, Günter Grass, rompe il silenzio ad inizio secolo col romanzo Il Passo del Gambero. Per lo scrittore originario di Danzica la memoria va recuperata e questo è venuto il momento di farlo. La destra xenofoba e nazista è capace di manipolare il passato solo per supportare la sua ideologia. 

 Con le celebrazioni del ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino si registra un timido cambiamento nell’approccio dei tedeschi verso la storia recente. Il senso di colpa collettivo per i crimini dei nazisti e l’obbligo di ricordare quei spaventosi delitti sono pian pianino affiancati dalla soddisfazione per i risultati ottenuti nel dopoguerra dalla Germania, una democrazia fondata sui valori costituzionali, che ha saputo creare prosperità e progresso. Una gestione sapiente di argomenti storici così complicati e dolorosi, come quelli in cui i tedeschi sono le vittime, rappresenta una necessità inderogabile davanti alle future generazioni europee.

 Giuseppe D’Amato

 

 Dopo tanto attendere sono stati finalmente pubblicati i dati ufficiali. Il Pil è crollato del 7,9%, mentre nei 12 mesi precedenti era cresciuto del 5,6%. Era dai tempi dell’Urss che la ricchezza nazionale non subiva un tale arretramento. Nel 1998, quando la Russia fu costretta a svalutare pesantemente il rublo ed i forzieri della Banca centrale erano desolatamente vuoti, il Pil era sceso soltanto (si fa per dire!) del 5,1%. Troppi sono i settori, che hanno sofferto la crisi finanziaria. Su tutti spicca quello delle costruzioni (un tempo sembrava quello della “gallina dalle uova d’oro”) con un -16,4% (nel 2008 +11,9%).

 Il modello di sviluppo industriale in Russia va rivisto al più presto per evitare futuri guai e sacche spaventose di povertà. Numerose produzioni, che si erano salvate dopo il crollo dell’Urss nel ‘91, non sono più concorrenziali. Il governo Putin studia da tempo soluzioni non facili da identificare. Cosa fare, ad esempio, nelle cosiddette “città mono-industriali”, sorte attorno ad un’unica azienda, che, ora fermandosi, mette a rischio la vita dell’intera collettività? Nell’immenso Paese slavo si contano circa 400 di queste realtà. Dall’ottobre 2008 ad oggi ben 940mila lavoratori sono stati licenziati. I disoccupati sono attualmente più di 2milioni e 100mila unità.

 Negli ultimi mesi del 2009 la situazione è leggermente migliorata, poiché il Cremlino si attendeva una discesa del Pil tra l’8,5 ed il 9%. L’esportazione di petrolio, le cui quotazioni hanno raggiunto i 70 dollari al barile, ha permesso un leggero recupero. Il boom russo nei primi anni del secolo era dovuto principalmente all’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali. I proventi dell’export dell’“oro nero” equivalgono oggi al 25% del Pil federale, ma dovrebbero scendere al 14% in un decennio se la politica di diversificazione economica dell’Esecutivo avrà successo.

 Il Cremlino si ritrova davanti ai soliti atavici problemi, rimasti in sospeso per troppo tempo. Il Pil federale tornerà ai livelli pre-crisi solo alla fine del 2012. L’economia russa incide non poco in quelle dell’intera area ex sovietica. In Asia centrale le ex repubbliche sorelle continueranno così a guardare con sempre maggiore interesse alla vicina Cina, sempre più assetata di materie prime. La perdita di influenza a tutto vantaggio di Pechino è la logica conseguenza.

 I primi dati del 2010 indicano che l’economia russa è in sostanziale crescita. Secondo gli esperti il primo semestre darà qualche buon risultato, ma ci si attende una contrazione nel secondo. La Banca mondiale ritiene, comunque, che nel 2010 la Russia crescerà complessivamente del 3,2%. Più ottimistiche le previsioni del Fondo monetario internazionale: +3,6%.

 I russi non si fidano più tanto dell’informazione ufficiale. Il Cremlino corre subito ai ripari. Chi vorrà fare politica a livello regionale d’ora in avanti dovrà conoscere Internet, usarlo e partecipare attivamente ai social forum. Ne dà notizia l’autorevole quotidiano Nezavisimaja Gazeta, citando fonti dell’Amministrazione presidenziale.

 Dall’ottobre 2008 il giovane leader russo Dmitrij Medvedev ha un suo blog, assai popolare, attraverso il quale conversa con la gente. Lo stesso dovranno fare in futuro i capi regionali se hanno ambizioni con la A maiuscola. Mosca darà delle valutazioni caso per caso e questa inciderà notevolmente sulle candidature.

 Finora la rete è stata utilizzata dai politici unicamente per comunicati stampa e per propaganda elettorale. Sono pochissimi, ad esempio, i governatori che sono in contatto continuo con gli internauti il cui numero è ormai in crescita vertiginosa.

 Secondo alcune indagini i russi cercano principalmente notizie personali sui vari funzionari ed uomini pubblici. Si vuol sapere se hanno ville di lusso, orologi speciali, automobili fuoriserie, mogli inaspettatamente ricche. Recentemente, grazie al web, si è scoperto che un governatore ha un Rolex da 31mila dollari, un vice sindaco ha al polso un orologio che di listino vale più di un milione di franchi svizzeri, un altro alto responsabile si è fatto acquistare una Mercedes da mille e una notte al modico costo di 150mila euro.

 Chiunque può mettere in circolazione notizie per la rabbia di funzionari che sperano al contrario nella riservatezza e nel silenzio. Non poche denunce sono arrivate fino ai tribunali. Un deputato della regione di Vladimir, tale Volodia Kisiliov, ha litigato per giorni con un anonimo, a cui ha poi fornito il suo numero telefonico dell’ufficio. “Se sei un uomo!” chiama, l’invito. Questi gli ha risposto che era disponibile ad incontrarlo, ma in piazza davanti a dei presenti. La corrispondenza si è interrotta dopo che la locale questura ha chiesto al webmaster l’indirizzo IP (ossia del computer) dell’anonimo.

 Duecento euro di multa ha beccato un giornalista per aver dato della “bestia” ad un governatore. In generale, i funzionari cercano di far cancellare dai blog i commenti più disdicevoli. Certa pubblicità in quegli ambienti non piace proprio.

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