“After decades of importing and reverse-engineering Russian arms, China has reached a tipping point: It now can produce many of its own advanced weapons—including high-tech fighter jets like the Su-27—and is on the verge of building an aircraft carrier…Now, China is starting to export much of this weaponry…China is developing weapons systems, including aircraft carriers and carrier-based fighters, that could threaten Taiwan and test U.S. control of the Western Pacific.”
Article – Wall Street Journal December 5th, 2010.
Non si confonda il gossip e l’invidia di alleati probabilmente gelosi con i sacri interessi nazionali. Il rapporto con la Russia è quanto di più bipartisan ci sia stato nella politica italiana del dopo crollo dell’Urss. La personalizzazione, impressa dal premier Berlusconi, ha consolidato relazioni che hanno radici storiche. Senza andare troppo in là basta ricordare i legami diretti col Pcus del maggiore Partito comunista dell’Europa occidentale e gli affari stretti in epoca sovietica.
Fu la Fiat ad essere scelta nel maggio ‘66 a Togliattigrad per costruire le automobili per il popolo. E fu Enrico Mattei in precedenza ad aprire quel mercato, apparentemente così lontano ed irraggiungibile. Le nostre aziende, affamate di idrocarburi, si affrancavano così in parte dal potere dalle “Sette sorelle”.
Nel marzo 2007 è stato il governo Prodi a definire con l’allora presidente Putin uno dei più importanti (di sempre!) pacchetti di accordi su energia ed infrastrutture, per non parlare della produzione del Superjet 100. Agli inizi del mese successivo l’Eni e l’Enel acquistavano all’asta per 5,8 miliardi di dollari alcuni dei più contestati asset della Yukos, la compagnia petrolifera dell’oligarca Michail Khodorkovskij, oggi in prigione, dietro il quale si nascondevano – secondo gli specialisti – finanziatori americani di Wall Street. In uno dei messaggi, pubblicati da WikiLeaks, si fa menzione degli “scambi di favori” tra Gazprom e le società italiane, che successivamente hanno rivenduto in parte quegli asset, levando le castagna dal fuoco ai russi ed evitando loro grane legali internazionali.
Ma gli italiani sono con i tedeschi i fidati alleati strategici del Cremlino nelle infrastrutture con i francesi che tentano in tutti i modi di infilarsi nella partita. Soltanto i nostri tecnici, fiore all’occhiello di un Paese in perenne crisi isterica, sono riusciti a costruire pipeline ultratecnologiche sottomarine uniche al mondo. Il russo-tedesco “Nord Stream” sotto al Baltico è stato affidato nella sua fase esecutiva ad un’impresa nostrana. Parallelamente l’Eni gestisce il “South Stream”, analogo gasdotto sotto al Mar Nero, in concorrenza con il “Nabucco” di ispirazione americana e degli europei filo-Usa. L’obiettivo finale è di rendere l’Italia un “hub” del gas nel Vecchio continente, realizzando il progetto di indipendenza energetica di Mattei.
Il segreto di questa politica bipartisan sta nella Commissione bilaterale intergovernativa, nella sapienza del gruppo dirigente dell’Eni e nei forum degli imprenditori, l’ultimo dei quali si è tenuto pochi giorni fa. Sono loro che suggeriscono idee e proposte.
L’Esecutivo Berlusconi, ironia della sorte, è quello che negli ultimi anni ha maggiormente differenziato le fonti di approvvigionamento ed ha ridotto la nostra dipendenza energetica dalla Russia: oggi, certificano enti indipendenti, 33% da Mosca e 32% dall’Algeria. I meriti del Presidente del Consiglio nell’aver aperto il mercato dell’ex superpotenza alle aziende italiane sono davvero tanti dopo l’inconcludenza dei nostri manager negli anni Novanta. Forse ci si è dimenticati troppo in fretta del mancato accordo della Fiat nel 1998 con la Gaz?
Per i russi l’Italia è un punto di riferimento in numerosi campi. Non è un caso che il filmato di presentazione a Zurigo dei Mondiali di calcio del 2018 mostri un ragazzo, Sascia, con indosso la maglietta della Russia, che tenta di fare un goal ai “maestri” azzurri del Bel Paese. Il sogno di quell’adolescente di vedere i campioni negli stadi di casa si è realizzato, mentre per noi quello di Enrico Mattei rimane a portata di mano.
«Расходы на чемпионат мира в 5—15 раз превысят оценки Владимира Путина ($10 млрд.), а сэкономить за счет инвестиций со стороны не удастся, уверены эксперты. Бизнес раскошелится на $10—20 млрд., остальную сумму придется выкраивать из бюджета. »
статья – Московский Комсомолец № 25516 от 4.12.2010 г.
Se sono non pochi i leader mondiali non proprio contenti delle rivelazioni di Wikileaks ce n’è uno che addirittura si frega le mani. Il lungo lavoro certosino dietro alle quinte o quasi ha dato i suoi positivi effetti anche all’estero. Gli stranieri hanno avuto la definitiva conferma su chi realmente diriga la Russia o come si dice a Mosca “chi comanda in casa propria”. Vladimir Putin esce da questo primo mega-scandalo “virtuale” planetario del XXI secolo come un vincitore con inimmaginabili ricadute d’immagine in Patria.
Nel corso dell’ultimo decennio l’attuale premier è stato fotografato o ripreso ovunque nelle situazioni più incredibili: mentre nuota in un fiume siberiano come il leggendario leader cinese Mao, mentre guida un aereo caccia supersonico, mentre a torso nudo va a pesca oppure partecipa ad una battuta ecologica per la difesa delle tigri. Un anno non troppo lontano fa le russe hanno cantato a squarciagola il tormentone estivo “vorrei uno come Putin che non beva, che non se ne scappi via e che mi rispetti”. Persino i gay hanno collezionato la fotografia dell’“uomo forte” del Paese, campione di judo, dai super pettorali, creando non poco imbarazzo nella sala russa dei bottoni.
Ma adesso, quasi all’inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2012, quando qualcuno ipotizza una corsa contro il giovane ed ambizioso Dmitrij Medvedev, nessuno si aspettava dagli americani un simile regalo. In un dispaccio diplomatico Putin è definito l’“alpha dog”, il capobranco che domina la scena politica del suo Paese, il macho. “Grazie Wikileaks”, devono aver pensato nell’entourage del primo ministro: nemmeno l’acrobazia mediatica più sofisticata dei super consulenti di immagine del premier avrebbe ottenuto migliori risultati.
Per di più in un messaggio pubblicato dal sito del ficcanaso Assange i funzionari Usa raccontano il ruolo informale svolto dall’attuale “first lady” russa all’interno dell’Amministrazione federale. Svetlana Medvedeva “crea rapporti tesi tra gli opposti schieramenti e rimane argomento di attivi pettegolezzi”. I diplomatici scrivono che la moglie del presidente ha stilato una lista di alti ufficiali – a cui sono stati creati ostacoli nello svolgimento della loro carriera – non fedeli al capo del Cremlino. Insomma questo è il bel fiocchetto finale sul dono confezionato da Wikileaks per Natale!
«Мы хотим, чтобы наши дети были лучше нас, чтобы они жили лучше, чем мы” — тема смены поколений стала главной в новом Послании Дмитрия Медведева Федеральному собранию. Но вот о смене политических поколений — предстоящей в 2012 году пересменке в Кремле — в программной речи главы государства было сказано на изумление мало. Такое впечатление, что наш правящий тандем затеял с публикой игру в политические прятки».
статья – Московский Комсомолец № 25513 от 1 декабря 2010 г. Михаил Ростовский
Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets
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